notte/Pio XII

“ …..colui che resta sveglio di notte, e chi va per la strada da solo, e chi rivolge il proprio pensiero a cose vane mette in pericolo la propria persona….” (Pirqè Avòt, 3; 5). In questo periodo dell’anno, in cui molteplici sono le attrazioni della vita notturna, il calendario ebraico e quello civile ci propongono due differenti dimensioni della notte. Nella nostra Tradizione la notte costituisce un momento critico forse perché c’è una mancanza totale di vita comunitaria. La notte è la dimensione della vita privata nella quale ognuno dovrebbe far ritorno a casa sua, e quindi rappresenta una sorta di disintegrazione e di individualismo, una minaccia a quella solidarietà costante intorno a un progetto comune garanzia di continuità e permanenza. In una società sempre più mediatica e planetaria ognuno ha l’impressione, per non dire l’illusione, di essere contemporaneamente in rapporto con l’umanità tutta intera ma il ” tutti in relazione con tutti..” significa spesso “anonimato”, essere soli e persi. I lumi di Chanukkà ci propongono una dimensione e una ricerca di una società più intima che risvegli nelle persone la coscienza di una vita comunitaria qualificata e stimolante nel riconoscimento degli uni da parte degli altri.

Roberto Della Rocca, rabbino

Il silenzio di Pio XII di fronte alle leggi razziste del 1938 è questione morale della Chiesa, non della Sinagoga. Ma la custodia della memoria storica di Yad Vashem guadagnerebbe nell’affiggere accanto alla foto di Papa Pacelli il testo del telegramma di condoglianze di Golda Meir del 9 ottobre 1958 per ringraziarlo dell’aiuto dato agli ebrei.

Vittorio Dan Segre, pensionato