schiavitù/dissenso

La parashà di Vayechì è una parashà setumà, letteralmente chiusa, cioè non c’è uno spazio fra la fine della parashà precedente e l’inizio di quella di Vayechì. Rashì dice che questa parashà è chiusa
perché, con la morte di Ya’akòv, si sono chiusi gli occhi degli ebrei per la durezza della schiavitù. Questo commento di Rashì è problematico perché la schiavitù comincia molto dopo la morte di
Ya’akòv e per di più alla morte di Ya’akòv, non solo gli ebrei non sono schiavi ma Yosèf è viceré d’Egitto. Come si fa allora a parlare di schiavitù? Rav Moshè Feinstein sostiene che Rashì vuol dire che la schiavitù comincia già allora. Yosèf, per riuscire a seppellire suo padre nella grotta di Machpelà deve supplicare il faraone e far intercedere per lui tutta la corte. E’ vero. Yosèf è viceré d’Egitto però è comunque sotto il dominio di qualcun altro. Per il momento questo dominio è benevolo, ma in ogni momento la situazione può cambiare.

Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano

L’operazione militare israeliana a Gaza ha fatto una vittima in America, il tradizionale fronte filo-palestinese si e’ dissolto. I gruppi dell’ebraismo liberal non sono riusciti a organizzare manifestazioni significative contro “Piombo fuso”, gli editorialisti più ostili a Israele hanno evitato di difendere apertamente Hamas e perfino le organizzazioni più filo-arabe hanno scelto un profilo basso, mentre organi di stampa in genere molto critici con Israele, come il New York Times e la tv Cbs si sono soffermati nella denuncia dell’uso di scudi umani da parte di Hamas. Sono molteplici i fattori all’origine dell’indebolimento del fronte filopalestinese – dalla solidarietà per le vittime israeliane del terrorismo alle similitudini ideologiche fra Hamas e Al Qaeda – ma forse ciò che è stato più determinante è il dissenso della comunità arabo-palestinese nei confronti di Hamas, percepita come un nemico giurato della prospettiva di uno Stato indipendente a fianco di Israele, in pace e sicurezza.

Maurizio Molinari, giornalista