idolatria/svolta

Riprendendo lo spunto di riflessione di domenica scorsa del Rav Benedetto Carucci Viterbi sull’episodio biblico della rottura delle Tavole del Patto, si potrebbe aggiungere che l’idolatria tradisce la concezione monoteistica con dei surrogati. Essa tenta di afferrare Dio per manipolarlo per i propri scopi, ed è qui la sua affinità con la magia, che la Torà condanna. “Avodà zarà”, letteralmente “culto straniero”, è infatti la definizione con cui la Tradizione ebraica indica non tanto l’oggetto dell’idolatria, quanto piuttosto, quei comportamenti e quelle modalità di interazione dettati da una confusione identitaria che si traducono spesso in tentativi di captazioni totemiche. Non è tanto l’immagine in sé a essere idolo. Una stessa figura può essere idolo o meno, a seconda del rapporto che si instaura con essa. Trasformare il Dio vivente in una tavola di pietra sarebbe stato il culmine dell’idolatria, peggio che adorare falsi dei. La stessa parola divina sarebbe stata così pietrificata. E da quel momento in cui sono state rotte le Tavole, infatti, la Torà viene trasmessa a viva voce da Mosè, vivente ai viventi: estrema pre­cauzione contro la cristallizzazione della Torà e della Voce. Emmanuel Levinas sostiene, tra l’altro, che è meglio frantumare le Tavole piuttosto che sostituirle con un idolo d’oro; è preferibile annullare la parola divina piuttosto che questa venga deformata. Secondo il filosofo, è proprio questa l’idolatria: la trasformazione dell’identità ebraica in un’identità idolatrica, ridurre a un idolo il Dio di Israele, fare dell’ebraismo un culto improprio e inaccettabile, nel segno della confusione.

Roberto Della Rocca, rabbino

Gli ebrei italiani voltano pagina. Con una determinazione che promette di lasciare il segno nella storia della più antica realtà della Diaspora, il Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, riunito a Livorno assieme ai Presidenti delle Comunità ebraiche italiane, ha deciso all’unanimità di proseguire con decisione nel progetto di realizzare mezzi di comunicazione autorevoli, efficaci e professionali. I leader ebraici italiani hanno tratto le prime conseguenze da un ragionamento che è nato qualche mese fa attorno a questa piccola rubrica. Ai commentatori e ai collaboratori che offrono con generosità e intelligenza il proprio contributo va il grazie di tutta la redazione. Senza il loro inestimabile impegno, nulla di tutto questo sarebbe stato possibile. Domani, più voce alla minoranza ebraica in Italia e ai valori che testimonia. Più valore all’esperienza di informazione e cronaca delle realtà comunitarie. Più autonomia alle singole realtà locali, portatrici di un patrimonio di idee e di cultura originale e irrinunciabile. E migliore integrazione fra informazione online, sulla carta stampata e televisiva per dare risalto a quello che abbiamo da dire nella società in cui viviamo. Se assieme lo vorremo, non sarà un sogno.

Guido Vitale, giornalista