Otto per mille: un intenso, preoccupante, dibattito

La scorsa settimana si era data notizia dello slittamento – al Senato – dell’approvazione del disegno di legge concernente l’intesa con la quale la Tavola valdese potrà partecipare – con riguardo al riparto della quota dell’8 per mille del gettito Irpef – all’ulteriore riparto delle somme risultanti dalle scelte inespresse assegnate in proporzione alle scelte effettuate dai contribuenti.
L’approvazione è slittata anche nella settimana appena trascorsa, sempre per la mancanza del parere obbligatorio della Commissione Bilancio del Senato. Si deve però registrare un breve ma intenso e per molti versi preoccupante dibattito svoltosi mercoledì scorso nella Commissione Affari costituzionali del Senato, competente in materia.
Nei confronti del Governo, reo di non aver trasmesso i dati richiesti dalla Commissione Bilancio ai fini dell’espressione del parere, Il presidente della Commissione Carlo Vizzini ha infatti usato toni inusualmente duri, giudicando – cito lunghi tratti del resoconto sommario della seduta – “dilatorio e non appropriato tale comportamento omissivo del Governo” e sottolineando “che la laicità dello Stato si rispetta assicurando condizioni equivalenti per i cittadini, quale che sia la confessione che professano: la circostanza che una parte delle risorse derivanti dal contributo dell’otto per mille dell’IRPEF sia stata distolta per finanziare altre leggi di spesa determina una situazione paradossale che, a suo avviso, non si sarebbe determinata se si fosse trattato di altra confessione religiosa.
Ciò premesso, prospetta la possibilità di procedere nelle sedute della prossima settimana alla discussione del citato disegno di legge n. 1107, anche in mancanza del parere della Commissione bilancio, nel presupposto che non sia necessaria una copertura finanziaria specifica del provvedimento”.
A tale proposta si è associato il senatore Stefano Ceccanti, relatore sul provvedimento, il quale, dopo aver rilevato “l’ambiguità della posizione dello Stato, che essendo uno dei destinatari dell’otto per mille è anche l’ente che stipula le intese con le confessioni religiose”, ha sottolineato “l’anomalia che si è venuta a determinare: le somme che si prevede i cittadini destinano allo Stato sono state impegnate per il finanziamento di leggi di spesa, trascurando così l’eventualità che i cittadini possano mutare il loro orientamento, per cui allo Stato non sarebbe assegnata la consueta quota parte dell’otto per mille”.
A giudizio del senatore Ceccanti, tale situazione, “tra l’altro, scoraggia il negoziato e la conclusione di ulteriori intese con altre confessioni religiose e determina una sostanziale violazione dell’articolo 8 della Costituzione”.
Infine, il senatore Malan ha condiviso le osservazioni svolte dai senatori Vizzini e Ceccanti, ritenendo “che la minore disponibilità di somme, a seguito del finanziamento di altre spese o per effetto del cambiamento dell’opinione dei contribuenti, non deve riflettersi sull’attuazione di una o dell’altra intesa, ma va recuperata, semmai, con il definanziamento delle leggi impropriamente finanziate”.

Provo a spiegare in altri termini che cosa è successo: come è noto, l’8 per mille IRPEF viene ripartito tra lo Stato, la Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose che lo abbiano concordato in apposite intese con lo Stato. Quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, dovrebbe destinare tali risorse “a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale”. Di anno in anno, quindi, dovrebbe registrare la somma di sua spettanza (che appunto varia di anno in anno) e utilizzarla per finanziare soltanto interventi sociali ed umanitari. Negli ultimi anni, invece, la quota di spettanza dello Stato è stata utilizzata anche per finanziare leggi di spesa, riducendo moltissimo (fino agli 80 milioni di euro per il 2009) la somma destinata agli interventi sociali ed umanitari e trasformando una somma comunque aleatoria in una copertura di spese a carattere pluriennale, con il rischio, oggi, che, subendo una decurtazione, seppure piccola, per l’ingresso della Tavola valdese tra le confessioni che partecipano al riparto anche delle scelte inespresse, non sia più in grado di coprire tali spese.
Di qui il grido di allarme lanciato nella Commissione Affari costituzionali del Senato, perché la scelta dello Stato di usare la sua quota dell’8 per mille per spese non di carattere eventuale ma di carattere permanente (o almeno pluriennale) rischia di mettere a repentaglio la partecipazione della Tavola Valdese anche alle scelte inespresse, oggetto di apposita intesa, siglata peraltro una prima volta nel lontano 2005 e nuovamente firmata nel 2007.
L’accaduto serve ad ulteriore conferma di quanto sempre ribadito in ambito ebraico, circa l’aleatorietà della quota derivante dall’8 per mille, di cui nessuno dovrebbe mai dimenticarsi.

Valerio Di Porto, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane