L’Università di Pisa e le leggi razziste

E’ uscito di recente un libro bello e molto particolare, a firma di due studiose: Francesca Pelini e Ilaria Pavan. Il libro costituisce una rielaborazione della tesi di Francesca Pelino, laureatasi a Pisa nel 1999 e morta sei anni dopo, giovanissima, nel 2005. A dieci anni dalla sua laurea, il lavoro è stato ripreso da Ilaria Pavan ed ha visto la luce con i tipi del Mulino. Si intitola “La doppia epurazione. L’Università di Pisa e le leggi razziali tra guerra e dopoguerra”.
Alla inconsueta fattura si accompagna l’indubbio valore storiografico dell’opera, che traccia un quadro dell’Ateneo pisano tra leggi razziste e vicende della reintegrazione, nella cornice nazionale. La postfazione, scritta da Ilaria Pavan, attraverso frequenti rimbalzi tra situazione pisana ed altre situazioni locali, dà utili spunti per tracciare un quadro storiografico complessivo.
Per quanto riguarda l’Università di Pisa, non si registrano fatti particolarmente eclatanti: l’applicazione della legislazione antisemita “non mostrò crepe e fu, come altrove, burocraticamente efficace. Né pubbliche proteste né segnali di dissenso ne caratterizzarono lo svolgimento; questo, ben inteso, va segnalato come puro dato di cronaca senza volervi sovrapporre anacronistici giudizi morali” (pag. 233). Ne pagarono le drammatiche conseguenze – in rapida successione – gli studenti stranieri e quindi studenti italiani e corpo docente. Quest’ultimo – come un po’ in tutta Italia – scontò poi ulteriori, per molti versi umilianti difficoltà nella reintegrazione.
Anche le procedure di epurazione dei più compromessi con il regime non ebbero particolari esiti: tra l’altro sedeva nella commissione “anche Giovan Battista Fumaioli, che con pubblici interventi non aveva fatto mistero, tra il 1938 e il 1943, del suo convinto apprezzamento per la svolta razzista impressa dal regime” (pag. 167). La figura di Fumaioli, compone con tante altre una vivace e interessante galleria di personaggi, nella quale trovano posto, accanto ai perseguitati, gli indifferenti e gli opportunisti. Spicca la vicenda personale del fiduciario del GUF pisano Giovanni Lugo, il quale, “fidanzato con la giovane ebrea Livia Bemporad, la sposò nel pieno della campagna antisemita, anticipando di poche settimane il divieto imposto dal regime, sancito con il decreto del 17 novembre 1938, di contrarre un matrimonio misto” (pag. 239). Lugo si sposò in divisa militare e ai festeggiamenti parteciparono vari esponenti delle gerarchie locali del partito.

Valerio Di Porto, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane