A Locarno sotto le stelle con Marga, Anni e gli eroi nella notte

Il buio è quasi completo, sulla riva settentrionale del Verbano, quando un sottile raggio bianco taglia l’aria e mette nel mirino l’orologio della torre. Sulla mitica piazza rinascimentale di Locarno, tramutata per 10 mila spettatori in un’immensa sala cinematografica a cielo aperto fra le Alpi e il lago Maggiore, è il momento della prima vera tornata di competizione per la sessantaduesima edizione del Film Festival. La scena fa sognare i cineasti di tutto il mondo e con oltre 300 proiezioni in programma, la macchina del Festival non può permettersi di perdere un minuto. Dopo la serata inaugurale, che ha visto fra i protagonisti l’enfant terrible del cinema israeliano Amos Gitai (lo scorso anno la giuria gli ha consegnato il premio più ambito, il Pardo d’onore e questa volta lui ricambia portando a Locarno la riduzione cinematografica appena uscita dal montaggio della sua ultima regia teatrale portata al Festival di Avignone dedicata alle pagine della Guerra giudaica dello storico Flavio Giuseppe), c’è voglia di passare nel vivo del grande spettacolo. Eppure, nonostante i divi e i grandi nomi del cinema internazionale che affollano la piazza, si torna a parlare di Memoria. Eppure i riflettori trascurano le attrici più amate e le troupe venute a proporre il loro ultimo lavoro. Tutte le luci stanno puntate su due vecchie. Messe assieme fanno quasi duecento anni. Ma quando salgono lentamente la rampa che le conduce al palco, sembrano spinte verso l’alto dall’oceano di applausi che si leva dalla grande piazza. Nessuna incertezza, nessuna paura per Marga Spiegel, 97 anni, che fiera mostra al collo un pendaglio con il simbolo dei rotoli della Torah. Nessun timore per Anni Richter, la sua amica del cuore, di poco più giovane e protagonista di un libro di memorie firmato dalla Spiegel che ha fatto epoca (“Retter in der Nacht”, Difensori nella notte). Il racconto di come una famiglia di contadini della Westfalia salvò lei, la figlioletta e il marito dalla Shoah, lanciando la sfida, dal cuore della Germania, contro l’orrore che sommergeva l’Europa.
Ad attenderle sul palco il regista Ludi Boeken e il direttore artistico Frédéric Maire, gli attori, i produttori di una coproduzione francotedesca che raccontando in modo non artefatto una storia vera vuole rilanciare il dibattito sulla Memoria.
Due testimoni. L’orrore, la dignità umana da riconquistare. Una battaglia per la libertà. Tutta una vita da raccontare.
Il film di Boeken, fedele fino ai minimi dettagli alle memorie dei protagonisti, non cerca gli effetti, non ha bisogno di drammatizzare. Non vuole nemmeno far spettacolo. Quasi il documentario di una vita troppo grande e troppo difficile per essere vissuta, la prima mondiale di “Unter Bauern – Retter in der Nacht” sono cento minuti con il fiato sospeso trascorsi assieme a una manciata di Giusti che passeranno alla storia non solo per aver salvato alcune vite, ma soprattutto per aver scritto con la loro esistenza un terribile atto d’accusa nei confronti di milioni di europei (più ricchi, più colti e più influenti di questi contadini tedeschi), che sapevano tutto, ma non mossero un dito.
Veronica Ferres, che nel film impersona Marga, prende il microfono per ringraziare il pubblico. “Locarno, il festival del cinema non commerciale, è il posto ideale per lanciare un messaggio. La realtà supera di molto la fantasia, l’eroismo della gente comune fa più spettacolo dei supereroi. L’occasione di farci valere come cittadini conta di più di un battaglione di uomini armati”.
La Memoria torna protagonista. Per una volta fa a meno degli artifici hollywoodiani. E’ nuda come le immagini senza commento, come le parole che non pretendono replica. Come le esistenze che non richiedono spiegazioni.
Le Memoria torna su uno schermo senza fronzoli e con Unter Bauern finisce in frantumi il mito secondo cui l’opposizione delle gente disarmata ai regimi autoritari è una missione impossibile o riservata a eroi leggendari, lontani dalle figure comuni che ci passano accanto ogni giorno.
Ludi Boeken, ebreo olandese e a sua volta figlio di sopravvissuti salvati da contadini dei Paesi Bassi, mette a frutto per la prima volta a favore del grande pubblico la sua esperienza di regista che fa del rigore il proprio strumento di lavoro. Diplomato alla London Film School e quindi all’Università di Tel Aviv, ha realizzato molti lungometraggi non commerciali e prodotto film indimenticabili come “Vincent&Theo” e “Train de vie”.
In attesa di sapere se un distributore coraggioso si assumerà il rischio di proporre il film anche sugli schermi italiani, il pubblico di Locarno, commosso, stretto sotto le stelle attorno a Marga e ad Anni, gli ha detto grazie per aver portato, senza piegarsi alle leggi dello spettacolo a tutti i costi, ancora una volta i riflettori sul dovere di ricordare e sulla facoltà di scegliere per il bene. E per aver riaffermato che la disfatta del buio dipende da piccoli gesti che tutti noi, se lo vogliano, siamo in grado di compiere.

Guido Vitale