Fumetto – Koren Shadmi e i disallineamenti fra mente e corpo

Koren Shadmi (nell’immagine) è un fumettista israeliano cresciuto nella bottega di Uri Fink in Israele e poi nella School of Visual Arts di New York. In realtà come molti autori israeliani la sua prospettiva lavorativa è internazionale, soprattutto statunitense. Koren infatti lavora per riviste americane come il New York Times, Village Voice e Plenty Magazine.
In Italia sono state pubblicate due antologie di racconti, “In carne e ossa” e “Anatomia del desiderio” dalla associazione Double Shot.
I due libri sono in realtà molto diversi, così come gli stili con cui Koren Shadmi li ha realizzati.
“In carne e ossa” è un percorso sulla fisicità delle nostre identità e relazioni con il prossimo. I personaggi palesano una dissociazione dal loro corpo, dalla percezione che possono avere dello stesso. Nel primo racconto “Il prato felice” un uomo esprime la sua identità corporea solo indossando il costume di scena, un cagnone, della trasmissione televisiva dove lavora; mentre ne “Il paradiso dei dolci” una ragazza, dopo un incidente potenzialmente mortale, diventa bulimica anche se questa parola non viene mai pronunciata. Il suo rapporto con il cibo è devastante per il suo corpo e per le sue relazioni. Alla fine cercherà di mangiare anche il suo miglior amico, totalmente disinteressato al cibo, ma attratto dal trasformarsi in cibo per recuperare l’amicizia.
In “Antoinette” una ragazza vive con la testa staccata dal proprio corpo in modo tale che il corpo sia un oggetto di scambio e divertimento per la sua testa. Koren ha disegnato i capelli di biondo giocando su un luogo comune che non muore mai.
In “Anatomia del desiderio” la prospettiva cambia. L’autore esamina le strade che può attraversare il desiderio condizionato da un forte “ego” che va quindi a limitare la percezione del reale. In “Conosci te stesso” il personaggio vuole conoscere il suo corpo, estrae così i reni, il cuore ed altri organi da sé stesso, ma è talmente preso dal proprio Io mentale, da dimenticarsi del corpo. Ecco quindi sopraggiungere la morte.
Ne “Il pubblicitario” un pubblicitario è così preso dal suo lavoro dal dimenticarsi che esiste un uomo, un essere senziente e un corpo che hanno bisogno di esprimersi. Il modo per reagire sarà di vomitare piccoli esseri con sei gambe che hanno la testa del pubblicitario. La forma di ragno è significativa e sta ad esprimere la mancanza di un rapporto sereno con il proprio corpo e soprattutto con la propria sessualità.
Koren Shadmi è sottile, quanto brutale nel raccontare questi disallineamenti tra mente e corpo. Entrambe le antologie giocano proprio su questo nodo. Per molti versi niente di nuovo. Pirandello aveva già esplorato la nostra difficoltà nella emergente società moderna di proporci onestamente, mentre Dick aveva spinto ulteriormente il concetto di mondo reale e finzione. Per arrivare al mostro sacro della lettura britannica James Ballard che con Crash ha svelato le nostre più profonde patologie, i desideri carnali che impattano sul rapporto uomo – tecnologia.
Il merito di Shadmi è di percorrere le strade contorte della mente, guardare dentro la scatola grigia con il microscopio e poi offrirci la storia nella sua veste grafica. Una grafica terribilmente in mutazione, che si adatta alla storia. Difficile vedere due racconti costruiti nello stesso modo. Difficile è il percorso della psiche.
Tutto in bianco e nero, i colori qui rappresentano i luoghi contrapposti della narrazione. Per tutto questo Koren Shadmi è universale, travalica i confini israeliani e statunitensi, pone temi gustosi per tutti. Ma un conto è mangiare un pezzo di carta, un altro mordere la spalla del proprio amico e non essere licantropi.
Non c’è bisogno degli elfi per entrare in un mondo di fantasia. C’è Koren Shadmi.

Andrea Grilli