…festival

Intorno agli statuti della storia e del rapporto tra ebrei e storia o di come essi si raccontano, e vivono la storia, ma anche che cosa chiedono a ciò che nel linguaggio comune è denominato come “storia”, è dedicata una parte importante del festival internazionale di letteratura ebraica che si apre il prossimo 24 ottobre a Roma. Alla “storia” si chiedono cose di vario genere. Per esempio: la verità, ossia come sono andati i fatti per davvero; la ricomposizione con il proprio passato, ovvero la continuità con una vicenda che si è interrotta in un luogo. Non credo che nessuna di queste cose sia la storia, anche se si intrecciano con una condizione precisa, ovvero con una domanda di storia che forse non è mai stata potente come nel tempo attuale. Bisognerebbe tentare di comprendere perché avviene questo. Non credo che ci sia una sola causa, o una motivazione prevalente ma è un problema per chi si occupa di storia tentare di comprendere il perché di questa domanda di passato. Non ritengo, per esempio, che migliaia di persone si siano messe in cerca del passato nei luoghi di provenienza solo per riempire un buco nella loro storia famigliare. Credo che al fondo ci sia un non detto di nostalgia rispetto a luoghi che si sono lasciati. Riguarda l’est Europa, ma anche la Libia, l’Iran, Beirut. Tuttavia, quel ritorno, quando è fisicamente possibile, spesso non soddisfa. Penso che questo avvenga perché avere la nostalgia di un luogo, significa avere nostalgia del tempo vissuto in un luogo. Quel tempo è irrecuperabile e lì si genera il sentimento della nostalgia. Posso ritrovare il luogo ma non me stesso vissuto in quel luogo. Forse è per questo che la domanda di storia sale, anziché placarsi.

David Bidussa, storico sociale delle idee