Due parole

Ho fatto i conti. Il mondo utilizza con familiarità due sole parole ebraiche. Shalom e Shoah. Mezzo secolo fa, nessuno conosceva alcuna parola ebraica, a parte i nomi e cognomi dei ministri israeliani. La parola Shoah ancora non esisteva, e per dire cos’era successo in Europa a sei milioni di ebrei c’erano l’assurda espressione Olocausto o un sorvolante imbarazzo. Shalom è entrata a far parte di un certo vocabolario più ecclesiastico che popolare attraverso la celebre canzone “Alenu shalom alechem”, il cui significato di pace con tutti affonda nel cuore come il coltello nel burro. Entrando certe domeniche in una chiesa, la parola Shalom che corre gioiosa fa sembrare l’ebraico patrimonio naturale del mondo. Ma questa parola ebraica divenuta universale non è giunta in Europa in modo naturale; non è sorta da un campo come un papavero. La necessità di dire fraternamente qualcosa nella lingua di Abramo, deriva dal verificarsi della catastrofe nominata dalla seconda parola ebraica, quella più famosa: Shoah. E’ da un immenso calice di sangue ebraico che il mondo beve la parola Shalom.

Il Tizio della Sera