Abramo…

All’inizio delle storie del patriarca Abramo, che leggeremo questo Shabbat, c’è una drammatica parentesi egiziana, con il sequestro della bellissima Sara alla corte del Faraone. Il motivo della matriarca rapita da un re si ripeterà ancora due volte nelle pagine successive, con Sara e Avimelekh e Rivka e Avimelekh. E’ evidente che l’intrigo potere-sesso non è una novità delle recenti cronache italiane, ma una costante documentata dall’antichità remota. Una domanda interessante, che si poneva allora come oggi, è in base a quali riferimenti di codici legali e/o morali si possa giudicare il comportamento e la trasgressione. Ai tempi di Abramo c’era la sua fede/morale da una parte e la legge egiziana o filistea-cananea dall’altra. Nella società di oggi quale è il codice morale condiviso e non scritto in base al quale la società laica considera trasgressioni più o meno tollerabili i comportamenti dei suoi dirigenti, arrivando a chiederne le dimissioni? Notevole in proposito la risposta di Abramo ad Avimelekh; dovendo usare con il re un linguaggio comprensibile e comune, Abramo dice “pensavo che qui non ci fosse timore di Eloqim” (Bereshit 20:11). Il codice condivisibile è il timore di Eloqim, ma è ancora un termine ambiguo; perché può riferirsi sia al piano divino, che a quello umano (Eloqim significa anche giudice); da dove deriva la legge della società?

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma