Qui Roma – Omaggio agli ebrei di Libia

Difficile entrare al Museo Ebraico di Roma gremito questa mattina dal folto pubblico che si è affollato per l’inaugurazione della sala libica, dove Roberto Steindler e Daniela Di Castro, rispettivamente assessore alle attività museali e direttore del Museo Ebraico di Roma, hanno introdotto la conferenza di Elena Schenone Alberini, autrice di “Libyan Jewellery”, un volume che racconta attraverso le immagini di preziose collane con amuleti, originalissimi bracciali, cavigliere e orecchini la storia di un Paese, i suoi rituali, le sue credenze (nell’immagine da sinistra: Yoram Ortona, Daniela Di Castro, Elena Schenone Alberini, Roberto Steindler e Marina Ortona).
Un attimo di emozione ha scosso la sala quando Scialom Tesciuba ha affisso al muro la mezuzà che è stata data al Bet El (il tempio tripolino) 20 anni fa da David Fadlun, che a Tripoli faceva l’argentiere, una mezuzà speciale perché è stata realizzata con una fialetta di vetro di medicinale incapsulata in una saldatura di ferro che serviva a rendere stagna la mezuzà in modo che la pergamena non si sciupasse con il vento del deserto, la mezuzà ha quasi cento anni.
“A Tripoli c’erano 76 sinagoghe”, ha detto Scialom Tesciuba ricordando alcune delle famiglie che a Tripoli furono uccise: Raccah, Luzon e Labi e i sefarim bruciati nella furia devastatrice araba che colse gli ebrei di Libia durante la Guerra dei 6 giorni.
Il Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Yoram Ortona, che insieme ai suoi fratelli Giorgio e Marina ha donato molti oggetti presenti nella vetrina principale, fra cui una preziosa cintura in argento posta alla vita dell’abito da sposa donato da Wiki Hassan e la fascia di Miss Maccabi 1949 appartenuta alla loro mamma, ha voluto ringraziare il rav Elio Toaff per l’aiuto dato in quegli anni alla comunità tripolina che cercava di integrarsi nella realtà romana.

Elena Schenone Alberini, che in Libia ha trascorso un lungo periodo, ha portato alcuni oggetti raccolti durante la sua permanenza in Libia alla cui arte si è molto appassionata e ha spiegato attentamente le tecniche per la loro realizzazione. “Contrariamente a quanto avviene nelle altre sale di questo Museo dove anche gli oggetti religiosi ebraici sono realizzati da argentieri cristiani, ha osservato Daniela Di Castro, gli oggetti presenti in questa sala sono oggetti realizzati da argentieri ebrei di Libia e destinati a clientela ebraica e non ebraica”.

l.e.