Il giorno di Davide

I versi di una bellissima, dolente poesia di Marie Syrkin, intitolata Davide, così recitano:

Supponiamo che, questa volta, Golia non cada;
Supponiamo che, questa volta, la fionda non basti.
Sulla pianura della Giudea, dove una volta per tutte
L’umanità scagliò il sasso, supponiamo che, questa volta,
La storia finisca in un altro modo: il pastore si piega,
La palma della vittoria passa al braccio e alla coscia di ferro,
Il miracolo svanisce dal campo fiorito,
Il gigante con la corazza resta in piedi e il melodioso cantore
si accascia
Supponiamolo. Ma, allora, quale grazia rimarrà non celebrata,
Quali mura del tempio non verranno costruite, quale giardino
resterà spoglio,
Quale vomere spezzato e quale arpa non accordata!
Il senso della sconfitta avvolgerà ogni cuore consapevole
Di quanto sarebbero cupi i bastioni di un mondo in cui
I salmi vengano messi a tacere, e Davide non vinca

Appare utile rileggerli in occasione del Yom haAtzmaut, e riflettere sul loro significato. E non per offuscare, con un velo di inquietudine, un giorno di festa e letizia, che tale deve restare, ma per dare maggiore consapevolezza e pienezza al senso di tale ricorrenza.
Davide non cadrà, i salmi non verranno messi a tacere, ma, affinché ciò non accada mai, è opportuno avere presente che potrebbe accadere, e considerare quale sarebbe la portata di tale sconfitta. Il nostro augurio, non al solo popolo di Davide, ma all’intera progenie di Adamo, non è che Davide vinca ancora, ma che possa posare per sempre la sua fionda, per restare pastore e cantore.

Francesco Lucrezi, storico