Comix – Klezmer di Joann Sfar

Finalmente in Italia il primo volume della serie “Klezmer” scritta e disegnata dal fumettista francese Joan Sfar. Abbiamo visto scrivendo degli episodi “Il gatto del Rabbino” che queste storie sono ambientate nella cultura sefardita del padre. Ma Sfar ha avuto una duplice educazione, che richiama anche la tradizione ashkenazista della madre.
La storia è semplice, musicale. Ebrei che suonano o che vorrebbero suonare attraversano la Russia viaggiando verso Odessa, la città dove la metà della popolazione era ebraica. Sfar non può farlo altro che citare Babel per descrivere quella città. I personaggi non sono certamente buon ebrei, non rispettano le Leggi e cercano in tutti i modi di allontanare la loro appartenenza. Dietro di loro si nasconde uno Sfar ironico che ride, o meglio sorride, della propria appartenenza. Le pagine in cui due personaggi spiegano a un gitano come trasformare le sue storie in storielle yiddish è una parodia esilarante sugli archetipi narrativi della cultura ebraica.
Il disegno di Sfar è ormai una deriva pittorica dove spesso a una linea che cerca di trattenere la forma, si oppone una pennellata anarchica, libera che mostra l’anima dei personaggi. Ma anche quella linea è un inganno, una allucinazione. Tutto è una melodia klezmer, “voi non sapete mai che nota suonerete tra un attimo. Se anche fate mille volte lo stesso ritornello, sarà mille volte unico”, così un Rabbino commenta la musica di Noè Davidovic.
Forse Klezmer non è neanche un fumetto, ma uno spartito musicale, dove invece delle note dobbiamo leggere le storie disegnate. E’ comunque un inno alla musica klezmer.
D’altra parte Klezmer è l’omaggio di Sfar a una cultura ebraica che prima della Shoà riguardava milioni di uomini che coltivavano tristezza e dolori, allegria e preghiere, canti e speranze. Ma è anche un popolo, secondo Sfar, che non esiste più. In modo provocatorio afferma nelle note a fine libro: “Quello che so è che quelli di Poylin, quelli della terra di ashkenatz, non esistono proprio più. (…) Lo Zar ha vinto. E i cosacchi, e Hitler e Stalin”. Saranno affermazioni forti, ma dove sono gli uomini che hanno ispirato Isaak Babel? o i quadri di Chagall?
Si parlava delle note a fine libro. Si tratta di quindici pagine dove l’autore francese presenta con ricche argomentazioni la sua idea sull’ebraismo condite da un’atmosfera retrò e malinconica sui tempi che furono.
“In quell’effimero involucro che chiamiamo uomo, il canto scorre come le acque dell’eternità, e lava e genera ogni cosa” Isaac Babel.

Andrea Grilli