carne…

“E l’accozzaglia che era i mezzo al popolo ebbe dei desideri…e anche i figli d’Israele tornarono a piangere dissero: chi ci porterà da mangiare la carne? Ci ricordiamo del pesce che mangiavamo in Egitto gratuitamente…” (Numeri 11:4-5).
“Non posso più da solo portare (il peso) di questo popolo” (Numeri 11:14). E’ lecito chiederci il perché, desiderando di mangiare la carne, il popolo si ricorda del pesce che mangiavano gratuitamente. Alcuni commentatori sostengono che ciò rappresenta, allegoricamente, il desiderio di volere tornare a una vita senza l’obbligo impegnativo delle mitzwoth (il pesce non ha molte regole per essere mangiato rispetto alla carne che necessita della shechità, bedikà, adacha, melichà, nikkur, attenzione alla mescolanza col latte e proibizione di essere mangiata in certi periodi). Quando Moshè si accorse che la tendenza del popolo era quella di cedere a quel desiderio, e che questa condizione forniva solo il pretesto per lamentarsi, decise di rassegnare le dimissioni. Il Signore, attraverso la scelta di settanta persone che gli servissero d’aiuto, vuol far capire invece che: 1. Le dimissioni sono respinte, in quanto la responsabilità della situazione non è completamente del capo; 2. Che, a volte, anche una guida come Moshè Rabbenu, a maggior ragione tutte le altre, ha bisogno del sostegno di qualcuno che possa colmare le immancabili lacune che si possono scoprire quando si deve gestire un’intera collettività. Gli aiutanti prescelti, si dovranno occupare di questi spazi vuoti – materiali e spirituali – che il popolo ricerca, con accuratezza minuziosa, per poi ritenere che la lamentela presentata sia giustificata, tanto da essere assunta come “grave motivo” per “revocare” la propria guida. Non solo, senza delegittimare “il capo”, dovranno saper collaborare per sradicare questa tendenza al desiderio disgregante, eterno problema, che si manifesta nel momento in cui desideriamo liberarci dai doveri comportamentali, che la Torà ci impone, in quanto “mamlekhet kohanim vegoy kadosh” (Esodo 19:6).

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova