Renzo Gattegna: “Israele non è un Paese indebolito”

Gattegna, Lei ha accompagnato Fini in Israele, come mai questo viaggio?
«Sono stato invitato dal presidente stesso personalmente con una telefonata. Ho accettato volentieri perché con Fini ho avuto occasioni di incontro positive per i rapporti tra le comunità ebraiche italiane e le istituzioni dello stato italiano. Viviamo un momento di rapporti positivi, non che prima non lo fossero, ma adesso si sviluppa una gamma di occasioni nelle quali le comunità vengono coinvolte anche ai più alti livelli istituzionali, Presidenza della Repubblica, Presidenza della Camera, del Senato, Palazzo Chigi, i Ministeri dei Beni Culturali e dell’Università e il Ministero degli Interni con i quali collaboriamo da anni alla Giornata Europea della Cultura Ebraica, la prima domenica di settembre e per organizzare il Giorno della Memoria, il 27 gennaio».
Quale sarà quest’anno la città capofila per la Giornata Europea della Cultura?
«Livorno».
Quali sono le altre ragioni positive?
«Un altro aspetto positivo è il rapporto tra Italia e Israele. L’Italia oggi, in Europa, è il Paese che si impegna maggiormente per capire la situazione mediorientale e tentare di risolvere i problemi che Israele ha, sia con alcuni stati confinanti, sia con la popolazione palestinese. Un contributo importante in questo senso è venuto, e viene tuttora, dai rapporti sviluppati dai rappresentanti delle massime cariche del nostro paese a partire dal Presidente della Repubblica».
Quali sviluppi, dopo la questione delle navi?
«Israele aveva già da tempo dichiarato l’intenzione di controllare le merci che varcano il confine per arrivare a Gaza, soprattutto dopo che in vari modi, via mare o via terra, l’Iran ha cercato di rifornire di armi la striscia di Gaza. Israele aveva dichiarato che se le navi fossero approdate al porto di Asdot avrebbero poi potuto proseguire via terra con dei camion e far arrivare a Gaza le merci che erano state trasportate. Ma l’intenzione apertamente dichiarata da questa flottiglia era quella di forzare il blocco navale. Delle sei navi, cinque sono state pacificamente controllate senza alcun incidente. Sulla sesta nave gli israeliani sono stati aggrediti da diverse decine di sedicenti pacifisti che hanno tentato un linciaggio dei soldati mano a mano che arrivavano sul ponte della nave. Di questo si sono trovate le prove fotografiche e televisive. Il mondo ha puntato il dito, e quasi unanimamente, condannato Israele e questo succede con frequenza».
Secondo Lei Israele sbaglia? Comunica male? C’è un pregiudizio?
«Se Israele abbia commesso errori non posso pronunciarmi, perché non sono un esperto di strategie militari, ritengo invece che sul piano della comunicazione da parte israeliana sia stato commesso l’errore di far trascorrere circa due intere giornate, troppo tempo, prima che venissero fornite le spiegazioni delle prove di come i fatti si erano realmente svolti. Ritengo che in alcune persone, in alcuni gruppi, il pregiudizio contro Israele ci sia, ma che con un ferreo lavoro di informazione si potrebbe contrastare efficacemente».
Israele oggi le sembra un paese indebolito? In pericolo?
«Non credo che sia un paese indebolito, al contrario, sul piano industriale, scientifico e culturale è in continuo rafforzamento. Il pericolo grave che deve fronteggiare è l’esplicita minaccia iraniana di utilizzare armi di distruzione di massa chimiche, batteriologiche o nucleari. Dai contatti che ho avuto in questo recente viaggio in Israele ho constatato che la speranza degli israeliani è che il pericolo possa essere neutralizzato attraverso pressioni di carattere economico e diplomatico».
La situazione oggi, a parte gli incidenti delle navi, com’è in Israele?
«La questione della sicurezza interna di Israele in questo momento attraversa un periodo di relativa calma. I punti di tensione rimangono gli stessi nei quali sono esplosi i conflitti armati negli ultimi anni, e cioè la frontiera libanese a ridosso della quale una fascia di territorio è controllata da Hezbollah, e all’estremo sud, al confine con la striscia di Gaza, controllata da Hamas. Anche in questo caso si tratta di movimenti armati strettamente collegati, finanziati ed armati da Siria e Iran».
Le Comunità ebraiche italiane come hanno reagito alla questione delle navi?
«Da una parte le comunità hanno sofferto per la mancanza di informazione su ciò che stava accadendo, ma hanno sofferto anche per il tentativo di isolamento politico che a Roma, e in altre città, si è concretizzato in cortei e manifestazioni fortemente ostili verso Israele e nel tentativo, avvenuto a Roma, di entrare nel quartiere ebraico con intenzioni quantomeno provocatorie».
Questo è pericoloso per l’antisemitismo?
«L’antisemitismo è una forma di pregiudizio e ritengo che l’unico mezzo efficace per combatterlo sia la diffusione della verità».

Alain Elkann, La Stampa, 27 giugno 2010