Redazione aperta – Rav Riccardo Di Segni ai giornalisti: “Lavorare per un’informazione coraggiosa e responsabile”

“Un’informazione efficace è come la ricetta di una torta: il risultato non può essere appetibile se si utilizza un solo ingrediente”. Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni (nell’immagine a fianco al presidente della Comunità di Trieste Andrea Mariani) accetta volentieri la provocazione del direttore della redazione Guido Vitale. E rilancia mettendo in campo il mistero della formula che rendeva unico l’aroma dell’incenso bruciato nel Beth Hamiqdash (il Tempio di Gerusalemme). “La mistura, rinomata per il profumo straordinariamente inebriante, comprendeva tra i suoi ingredienti una resina che, da sola, emanava una odore apparentemente sgradevole. Solo la sapienza della nostra Tradizione consentiva la giusta combinazione delle diverse componenti”. Così anche il lavoro del giornalista, se deve raggiungere il lettore con un messaggio chiaro e mettere in evidenza i valori dell’identità ebraica, non può limitarsi a insistere solo su una specifica prospettiva, ma proprio per dare risalto ai valori autentici, deve accettare la sfida di descrivere una realtà complessa e contraddittoria.
A un anno dal primo incontro la redazione del Portale dell’ebraismo italiano torna a confrontarsi con una delle voci più autorevoli dei suoi collaboratori. In un colloquio aperto agli iscritti della Comunità di Trieste, alla presenza del presidente della Comunità giuliana Andrea Mariani, rav Di Segni ha intrattenuto una vivace discussione con i praticanti giornalisti intorno a molti temi scottanti dell’attualità del mondo ebraico italiano contemporaneo. Il filo conduttore della discussione ha riguardato il ruolo che sta avendo – e quello che dovrebbe avere – la stampa ebraica nelle questioni con cui si confrontano gli ebrei italiani e i loro leader.
Il rav Di Segni ha invitato i giornalisti a fare approfondimenti e inchieste, a sviscerare pubblicamente i problemi e le loro cause, senza timore di trattare argomenti scomodi, senza imbarazzi, né inibizioni.
I problemi della kasherut, gli impedimenti a una distribuzione capillare di prodotti alimentari controllati, di qualità e a prezzi accessibili, provengono sì dall’interno, ma soprattutto dall’esterno.
“Stiamo portando avanti una battaglia politica – ha spiegato rav Di Segni – nella sede del Parlamento europeo: corriamo il rischio che alcuni gruppi di pressione, formati da alleanza politiche trasversali, riescano a ottenere la proibizione della macellazione rituale, facendo leva su malintesi e pregiudizi che si nascondono dietro slogan animalisti”. Anche su questo tema il rabbino ha auspicato una forte attenzione da parte della stampa.
In merito all’intricata situazione dell’ufficio rabbinico torinese, in seguito alla revoca del rav Alberto Somekh dall’incarico gerarchico di rabbino capo e alla nomina del rav Elyahu Birnbaum, il rav Di Segni ha suggerito ai giornalisti una puntuale ricostruzione delle vicende che hanno portato all’attuale situazione, con l’obiettivo di fornire ai lettori una prospettiva completa e informata sulle considerazioni che sono alla base del caso specifico.
Il dibattito si è poi spostato sulla questione dei rapporti tra le istituzioni dell’ebraismo ortodosso, cui appartiene quello italiano, con i movimenti riformati. In quale misura vanno riconosciuti come una componente con la quale dialogare? Quali limiti deve avere tale confronto? Questi gli interrogativi che si deve porre il rabbinato. Assisterlo e stimolarlo in questo senso può costituire un aiuto importante che solo una stampa coraggiosa e responsabile è in grado di offrire.

Manuel Disegni