…Eichmann

Non ho visto il film televisivo tedesco di Bettina Stangneth sulla storia d’amore fra una giovane ebrea tedesca rifugiata in Argentina e il figlio di Eichmann che avrebbe portato all’individuazione del criminale nazista, e mi baso solo su quanto riferito dalla stampa italiana. Non sono sicura che davvero, come alcuni giornali sostengono, il filmato susciti nuovi interrogativi sul comportamento del  Vaticano e fin su quello di Israele. Su questi  temi molto è stato detto, per Israele basti anche solo la lettura del libro di Tom Segev, Il  settimo milione, dove si analizza proprio il passaggio da un disinteresse sostanziale verso la  Shoah da parte del nuovo Stato all’esplosione di memoria suscitata dal processo Eichmann. E anche per l’aiuto dato nel dopoguerra dal Vaticano a molti nazisti, nulla di nuovo mi sembra possa  ancora emergere, e tanto meno a partire dal caso Eichmann. No, a parte questi sensazionalismi, mi sembra che l’interesse della storia sia un altro:  il fatto che, a proposito di un criminale di guerra che ha diretto lo sterminio di milioni di ebrei e del suo processo che ha avuto un effetto  dirompente sulla costruzione della memoria in  tutto il mondo, l’attenzione dei media si concentri su una love story. Giulietta e Romeo, come già sapeva Shakespeare, tirano sempre. Ma in questo caso, ce ne era davvero bisogno? e se è così, se dobbiamo ricostruire un flirt tra sedicenni per interessarci al processo Eichmann, allora forse è davvero segno che qualcosa non funziona, che almeno in qualcosa, se non in tutto, abbiamo sbagliato.  

Anna Foa, storica