Qui Firenze – Nathan Cassuto, un ricordo commosso

È stato un convegno solenne ma anche un abbraccio collettivo, un incontro scandito da molte rievocazioni affettive in ricordo di una persona speciale il cui insegnamento è ancora oggi fonte di continua ispirazione. Nei giorni della Memoria, la Comunità ebraica di Firenze ha scelto di dedicare al suo grande maestro Nathan Cassuto una densa giornata di studi e riflessione. Una giornata declinata in due sessioni, la prima dedicata alla vicenda personale di Cassuto e alle persecuzioni nazifasciste a Firenze, la seconda invece al forte nesso esistente tra ebraismo e medicina, mondi che Nathan abbraccia con passione nella sua duplice veste di rabbino e medico oculista.
Al microfono si alternano leader ebraici italiani e rabbanim, storici e psicologi, e sul finire di mattinata anche David e Susanna Cassuto, eredi di un padre condannato alla deportazione dalla soffiata di un vigliacco vendutosi al nemico e di Anna, madre tenace e coraggiosa che sarebbe sopravvissuta al lager ma che avrebbe poi tragicamente perso la vita per mano araba tra le colline di Gerusalemme nei giorni che precedevano la nascita dello Stato di Israele. Rabbino capo di Firenze nei mesi più aspri del nazifascismo e allo stesso tempo animatore di una rete clandestina della Delasem che mette in salvo centinaia di correligionari dalla deportazione nei campi di sterminio, Nathan Cassuto continua a emozionare con l’immenso calore umano della sua storia. La tragica fine nella Marcia della Morte che costa la vita a oltre 15mila internati di Auschwitz rappresenta infatti la conclusione di un’esistenza spesa infaticabilmente per il prossimo. Sempre col sorriso sulle labbra e con una forza d’animo intaccabile anche nell’inferno del lager dove infonde preziosi minuti di speranza a chi ne cattura un dialogo o un segno di amicizia.
Nelle parole di David e Susanna scorrono frammenti di ricordi, vissuti personalmente ma anche raccolti successivamente attraverso testimonianze indirette, che rievocano la bontà d’animo, la statura morale, la semplicità di rav Cassuto. Il loro è il bilancio di una vita appassionante, legata indissolubilmente alla tragedia della doppia perdita familiare ma comunque foriera di soddisfazioni nonostante il peso opprimente e devastante di quel passato. Si commuovono e con loro si commuove anche il numeroso pubblico presente in sala. “Ricordo bellissime passeggiate insieme a papà con la mia mano piccolina che scompariva nella sua. Ricordo le sere del Seder pasquale con i suoi grandi occhiali e il suo splendido sorriso”, dice Susanna, che a quei giorni, alla figura del padre e alla sua nuova vita in Israele ha recentemente dedicato un libro dal titolo I figli non fanno domande. Scorrono i flash dell’incubo della deportazione, le strade dei genitori che si dividono dalle loro. Susanna che trova rifugio in un convento, David e suo fratello Daniele che vengono ospitati da coraggiose famiglie fiorentine che li porteranno ad assumere nuova identità e nuova consapevolezza. Una domanda fanciullescamente ingenua tormenta la mente di David: “Perché i miei genitori non mi vogliono vedere? Che cosa ho fatto loro di male?”. Segue il buio di un abbraccio che non tornerà più, il dramma di un affetto negato per sempre, una madre bellissima che le privazioni del lager rendono irriconoscibile nel fisico e nella mente. E la riscoperta, anno dopo anno, di quel padre meraviglioso che vivrà per sempre nel ricordo di chi lo ha conosciuto e di chi gli deve la vita. David rievoca storie incredibili, storie in cui il nome di Nathan Cassuto suona come una benedizione. Da New York al Belgio, da Bene Berak a Bergamo, taccuini da moel e archivi di biblioteche sono indizi che portano a ripercorrere passo dopo passo la luce lasciata in vita dal genitore. Sul finire di convegno una signora si alza dal fondo platea, si dirige verso il microfono e scandisce commossa: “Sono qua grazie a rav Cassuto”. È Daniela Belgrado, figlia di un altro immenso rabbino italiano, quel Fernando Belgrado straordinario cantore e Maestro che fu membro attivo della rete di soccorso della Delasem fino al giorno in cui Cassuto gli intimò di andarsene a causa dei troppi pericoli legati all’attività clandestina. “Quell’intimazione lo avrebbe salvato. Voglio che si sappia che Nathan Cassuto mi ha dato la possibilità di avere una vita, una famiglia e un marito splendido”, conclude la signora Belgrado.

Adam Smulevich