Storia e leggende

Rav Riccardo Di Segni, su Moked del 17 gennaio scorso, ha avuto modo di ricordare le recenti denunce, da parte ecclesiastica, della presunta “ostinazione con cui alcuni settori del mondo ebraico alimentano la leggenda nera su Pacelli”. Sarà forse per contrastare tale “leggenda nera” e suoi maligni promotori che il processo di revisionismo storico sulla persona di Pio XII procede a tappe forzate, fino a superare ogni limite di decenza e di senso del ridicolo. Piccolo, ma emblematico segnale di tale inarrestabile fenomeno è dato da una lettera al Corriere della sera, pubblicata lo scorso 14 gennaio, nella quale un lettore chiede lumi a Sergio Romano riguardo alla notizia della personale adesione che sarebbe stata data dal Pontefice, nel 1940, al progetto, concepito da alcuni ufficiali tedeschi, di assassinare Hitler. Un’adesione, argomenta il lettore, che sarebbe stata compatibile col catechismo della Chiesa cattolica (il quale ammette, in casi particolari, il tirannicidio), e che lo stesso Romano sembra non escludere, affermando che dalla Santa Sede, informata del piano, non sarebbero giunti “né incoraggiamenti né scoraggiamenti”.
L’idea – al cui consolidamento sono già stati dedicati innumerevoli saggi e libri e, da ultimo, un disinvolto sceneggiato televisivo – del papa fieramente antinazista, attivamente impegnato, in ogni modo, per proteggere gli ebrei e le altre vittime della tirannia, evidentemente, non è ancora considerata sufficiente: per essere ritenuto definitivamente degno dell’attesa santità Pio XII deve diventare qualcosa di più, un resistente, un partigiano.
Comodo, ovviamente, per decifrare – o inventare – le intenzioni segrete del papa, interrogarsi sugli anni bui della guerra, quando le azioni e le parole erano impedite dalla violenza e dal pericolo. Ma, dato che Pacelli visse ancora tredici anni, dopo la fine del conflitto, perché nessuno si premura di ricavare la sua opinione sul nazifascismo, sugli ebrei, sulla Shoah, sullo Stato d’Israele dai numerosissimi interventi pubblici da lui pronunciati in questo lungo lasso di tempo, quando ormai la libertà di parola era piena e assoluta? Come mai l’“assordante silenzio” continuò anche allora? Forse il papa non trattava di siffatti argomenti, o non diceva chiaramente ciò che pensava? La sua posizione, per esempio, sul comunismo, risulta anch’essa oscura e controversa, va ricavata da sottili indizi e carte segrete, o ci è consegnata direttamente, con esemplare chiarezza, dalle sue stesse parole?

Francesco Lucrezi, storico