L’Ufficio scomodo

L’ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica (UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), è un organismo istituito con decreto legislativo nel 2003, presso il Ministero delle pari opportunità, in conformità ad una specifica direttiva della Comunità Europea. Compito della struttura è contribuire a rimuovere le discriminazioni e il pregiudizio, attraverso rilevazione di dati, campagne di sensibilizzazione e di prevenzione, segnalazioni agli enti locali. L’idea, in altri termini, è quella di lavorare a garantire il principio costituzionale della effettiva parità di trattamento delle persone (art 3 della Costituzione, ricordate?). Per esempio, si tratta di intervenire laddove (come recentemente a Ciampino, vicino Roma) la graduatoria comunale per l’assegnazione dei posti negli asili nido preclude l’accesso agli immigrati, oppure dove (come a Pordenone) il piano territoriale è in contrasto con la normativa antidiscriminatoria, oppure ancora dove (come a Torino) appaiono manifesti che offrono lavoro solo a italiani. E i casi non mancano certo, tanto che nel corso del 2010 l’UNAR ha attivato circa 700 istruttorie per discriminazione razziale, quasi il doppio che nel 2009.
Problema: tutto ciò configura un’attività eversiva, un progetto destabilizzante, un pericolo per le istituzioni democratiche? Questo, i senatori della Lega Nord, che fra le pieghe del decreto “Milleproroghe” hanno in questi giorni proposto la soppressione dell’UNAR, non lo dicono apertamente. Ma che si tratti secondo loro di un inammissibile spreco di quattrini, questo sì, lo sostengono a chiare lettere, frementi di indignazione. E forse, sotto sotto, c’è anche qualcos’altro. “Questi oscuri burocrati da sei mesi a questa parte si sono messi a fare politica – ha dichiarato fieramente uno degli alfieri della chiusura – trasformandosi in maestrini dalla penna rossa. Qui siete razzisti, lì xenofobi. Abusano del concetto di discriminazione indiretta e pretendono una parificazione totale fra il cittadino autoctono e l’extracomunitario ospite permanente”.
Pari diritti per davvero? Ma non scherziamo!

Enzo Campelli, sociologo