Il dovere di informare

Tra i numerosi e interessanti interventi al convegno Torath Chajim che si è svolto a Torino domenica scorsa in memoria di Rav Menachem Emanuele Artom z.l. mi ha colpito per la sua scottante attualità la lezione di Rav Alberto Moshe Somekh su “Giornalismo: Calunnia e Maldicenza”, argomento trattato dalla rivista Torath Chajim già negli anni ’50 e ’60 con riflessioni che possono essere utili ancora oggi. Impossibile ripercorrere qui tutti gli spunti offerti da Rav Somekh e le fonti da lui citate. Vale comunque la pena notare che nella tradizione ebraica il problema è posto in termini molto diversi da quelli a cui siamo abituati nel dibattito attuale, soprattutto in Italia. Il conflitto non è tra il divieto di diffamare (o il diritto alla privacy) e la libertà di stampa, ma tra il divieto di fare maldicenza e il dovere di informare. Da un lato la maldicenza è molto più estesa della semplice diffamazione (si può fare maldicenza anche dicendo cose vere, o riportando cose vere dette da altri), quindi il giornalista sembrerebbe obbligato alla prudenza; dall’altro, però, informare il pubblico, “smascherare gli ipocriti”, non è un diritto, di cui si può scegliere liberamente se avvalersi o meno, ma un obbligo, a cui non ci si può sottrarre perché l’inadempienza causerebbe un danno alla collettività.

Anna Segre, insegnante