…genocidio

Non è certo strano che l’arresto di Mladic, il boia di Srebrenica, ci riporti immagini e confronti con la Shoah. Parliamo di un vero e proprio atto di genocidio, non di una violenza per quanto immane e terribile. Parliano del Male, quindi. Ma di che Male? Come ci appare questo generale che si credeva onnipotente e pensava di poter a suo piacere dispensare la vita e la morte? Mladic ha lasciato, ce lo racconta Rumiz su Repubblica di ieri, una precisa contabilità del prezzo delle armi e del numero dei missili e delle granate ordinate. Quattromila pagine di appunti, note di riunioni e incontri, di operazioni militari, aree conquistate. Il numero preciso dei morti e dei feriti. Tutto là, una fonte preziosissima per il processo, in taccuini scritti in un cirillico infantile, tutto annotato minuziosamente. Appunti da ragioniere pignolo. Vi ricorda qualcosa? Nel suo commento nello stesso numero di Repubblica, Adriano Sofri ci parla, senza nominarla, di “banalità del male”, come ha fatto Hannah Arendt a proposito di Eichmann. Mentre su queste pagine, Bidussa sottolineava ieri l’indifferenza degli spettatori, la nostra. Come settant’anni fa. Il confronto stavolta si impone, perché i genocidi, pur nella loro diversità, hanno una sostanziale natura comune, che appare allo sguardo con evidenza. Come con il genocidio armeno, come con quello del Ruanda, possiamo con Srebrenica mettere a confronto le nostre analisi, condividere le nostre emozioni. E, per cominciare, rallegrarci dell’arresto di un boia, e della giustizia che lo attende.

Anna Foa, storica