Senza casta

La cultura ebraica sembra nutrire una sana diffidenza per i leader carismatici: Mosè, nonostante l’educazione faraonica, non era particolarmente abile nella comunicazione orale. Saul, primo re d’Israele, prima si schermisce (“Non sono forse un Beniaminita, di una delle più piccole tribù d’Israele, e la mia famiglia non è la più piccola tra le famiglie della tribù di Beniamino?”) e poi quando viene eletto re (a sorte) si nasconde addirittura tra i bagagli. Non mi vengono in mente grandi leader nella storia ebraica che avessero studiato da leader. Sarà per questo che i corsi di leadership suscitano in me un’istintiva diffidenza? Forse, ma c’è anche un altro motivo: come si fa a decidere oggi chi saranno i leader di domani? In un contesto democratico chiunque può diventare leader in qualunque momento, indipendentemente dalle competenze che possiede o dai corsi che ha frequentato. C’è chi è apprezzato per l’onestà, chi per la dedizione, c’è chi piace per le sue idee, chi ispira simpatia; nelle nostre Comunità può essere votato chi ha una buona cultura ebraica, chi è attivo a favore di Israele, chi ha tempo; può anche capitare che si elegga qualcuno semplicemente perché in quel momento non ci sono altre persone disponibili a ricoprire quella carica. Se il Talmud ci insegna che il diritto della maggioranza può zittire persino una voce divina, sicuramente chi è stato eletto ha il diritto e il dovere di sedere nei consigli delle comunità, dell’UCEI e delle istituzioni ebraiche indipendentemente dalle sue competenze.
Inoltre nelle nostre Comunità, soprattutto in quelle medie e piccole, i ruoli di responsabilità prima o poi toccano a tutti, purché siano disponibili, o magari un po’ meno indisponibili di altri: chiunque abbia voglia e tempo di dare una mano sarà un giorno il leader di qualcosa. Ho due genitori, una zia e uno zio che sono stati tutti consiglieri comunitari (tre di loro anche dell’UCEI), e non credo che la mia famiglia sia un caso raro tra gli ebrei italiani. Se tutti siamo leader, nessuno lo è più di altri. Ho sempre considerato una bellissima cosa, e un bellissimo insegnamento da portare anche fuori dal mondo ebraico, che nelle nostre Comunità, in cui le responsabilità toccano un po’ a tutti coloro che se le vogliono accollare, non esista una vera e propria casta. L’idea del leader carismatico formato alla scuola di partito per guidare le masse mi sembra molto lontana dalla nostra mentalità.
Con questo non voglio negare il valore e l’importanza del progetto di formazione promosso dal Dec; anzi, è auspicabile che coinvolga il maggior numero possibile di persone; ma non si potrebbe chiamarlo con qualche altro nome?

Anna Segre, insegnante