…razzismo

Ciò che è successo a Torino, dopo che una ragazzina di sedici anni ha pensato bene di inventarsi uno stupro per evitare di essere sgridata dai genitori, ha tutte le caratteristiche di un pogrom: un gruppo di persone che assale con la violenza un campo nomadi, lo dà alle fiamme, si assume il compito di fare da sé ciò che a suo avviso le istituzioni statali non fanno o non fanno abbastanza: proteggere la loro identità di gruppo dal diverso, dallo straniero, da chi considera in blocco pericoloso. I pogroms della storia contro gli ebrei, da quelli delle Crociate a quelli della Russia di fine Ottocento e inizio Novecento, sia pur in contesti e con motivazioni diversi, non hanno meccanismi molto diversi. Né molto diversi sono i linciaggi che hanno caratterizzato nel Sud degli Stati Uniti le azioni del Ku Klux Klan. Questo oggi non riguarda più noi ebrei, dal momento che non ci sono più giudecche o ghetti da assalire. L’antisemitismo è per ora virtuale, e si limita ad aggressioni verbali, come nel caso Tuccio su cui richiamava ieri la nostra attenzione Bidussa su questa rubrica. Ma la riflessione sui meccanismi della violenza contro i gruppi portatori di una diversità, sia essa religiosa, come nel caso delle minoranze cristiane nei paesi islamici più fondamentalisti, o sociale ed etnica, come nel caso dei campi nomadi in Occidente o come nei molti, troppi, casi degli immigranti, ci riguarda credo moltissimo. E la situazione economica è tale da favorire la crescita di questo clima di violenza e di paura. Dobbiamo occuparcene, anche se riteniamo di essere, in quanto ebrei, fuori dal guado.

Anna Foa, storica