Voci a confronto

L’Ambasciatore di Israele presso lo Stato del Vaticano Mordechay Levy rientra in Israele dopo 4 anni intensi e fondamentali per arrivare alla firma attesa da quando, nel 93, vennero firmati i primi accordi tra Israele ed il Vaticano; come scrive Salvatore Mazza su Avvenire rimangono da definire solo alcune questioni economiche e giuridiche. Di grande interesse sono le parole dell’Ambasciatore riportate nel lancio dell’ANSA. In Israele intanto si parla soprattutto della decisione del tribunale di assolvere l’ex premier Olmert dalle accuse di aver gonfiato rimborsi in occasione dei suoi viaggi e di aver accettato regalie da un suo amico ebreo americano; rimane in piedi solo l’accusa di favoritismi al suo ex socio legale Messer, e alla fine dell’estate si conoscerà la sentenza. Questo ha permesso ad un Olmert sorridente di affermare che si è dimostrato che non avrebbe mai preso bustarelle, ma appare difficile concordare col Figaro che arriva a considerare Olmert come unico possibile rivale di Netanyahu; difficile che i cittadini israeliani possano ridargli fiducia in un domani. In Italia un editoriale del Foglio sembra volerne rivalutare la figura, nonostante il disprezzo di cui Olmert è ricoperto in Israele e nel mondo ebraico in generale. Dimitri Buffa firma due diversi articoli su l’Opinione; in quello dedicato al minuto di silenzio che il CIO si ostina a non voler concedere alla memoria degli atleti israeliani uccisi a Monaco 72 Buffa ricorda, molto opportunamente, che allora fu proprio l’attuale presidente Aba Mazen a raccogliere i soldi che permisero di organizzare l’operazione terroristica. Nel secondo articolo, che si ricollega ai fondi ed alle strutture prefabbricate che Israele ha donato ai terremotati emiliani, Buffa denuncia l’attività della radio (filo)iraniana che opera in Italia e che ancora ieri invitava a rifiutare i doni che arrivano dall’entità sionista (nessun paese arabo, dall’altra parte, ha donato alcunché). Nei giorni scorsi si è sparsa la notizia dei 30.000 euro concessi dalla Regione Emilia e Romagna per l’educazione dei bambini palestinesi, in sostituzione della cifra identica già inviata in precedenza ma, ahimè, utilizzata invece per eliminare i rifiuti urbani (davvero eliminati? ndr); vi è da chiedersi se tale delibera, presa nei giorni intorno al terremoto, verrà davvero rispettata. Quasi tutti i quotidiani dedicano una breve al calciatore palestinese liberato da Israele dove era in sciopero della fame dallo scorso mese di marzo; solo Francesca Paci su La Stampa dedica un articolo a questo tema. Il neo eletto presidente dell’Egitto Morsi ha riunito il Parlamento per una seduta simbolica durata 12 minuti; la giunta militare l’aveva sciolto dopo la sentenza dell’Alta Corte che ha confermato la propria decisione, ma questo episodio non appare che come la prima azione di forte contrasto tra Tantawi e Morsi; Cecilia Zecchinelli sul Corriere dedica all’argomento un articolo nel quale si legge anche dei rapporti che l’amministrazione Obama e il segretario di Stato Clinton cercano di mantenere il più stretti possibile, ma non si legge nulla su quanto numerosi commentatori, nei giorni scorsi, hanno scritto circa i rischi che l’attuale politica USA comporta per i rapporti tra Occidente e mondo arabo. Sui Fratelli Musulmani Tiziana Barrucci su Europa scrive alcune gravi falsità: non è vero infatti che non hanno mai rimesso in discussione la pace con Israele, e non è vero che abbiano sempre negato di voler fondare uno stato religioso in Egitto. D’altra parte è interessante leggere che il neoparlamentare Hani Nour Edin, appartenente ad una formazione estremista inserita nella lista nera di Washington, sarà accolto negli USA nella delegazione ufficiale sponsorizzata dal Dipartimento di Stato (sic). Daniele Raineri sul Foglio parla del secondo piano di Kofi Annan che cerca di riunire insorti e governativi in Siria; ora si è recato anche in Iraq e a Teheran per bloccare quelle stragi che l’ONU (Srebrenica, e non solo, insegna) non è mai riuscita a evitare. Ora Annan viene accusato anche dagli arabi che gli rimproverano di essere sensibile solo all’influenza dei media occidentali. Sissi Bellomo firma sul Sole 24 Ore un articolo sul mercato del petrolio dal quale risulta che la produzione iraniana sarebbe molto calata a causa dell’embargo, ma non si fa il minimo accenno, ad esempio, alle importazioni italiane che solo poche settimane fa erano state dichiarate essere mantenute su livelli molto elevati; sempre difficile comprendere le parole ed i silenzi di certe testate. Una lettera pubblicata su l’Unità ricorda come il re del Marocco, negli anni successivi al 1940, salvò i propri sudditi di religione ebraica; “non esistono in Marocco sudditi ebrei, ma solo sudditi marocchini”, affermò il sovrano, e questa frase dovrebbe essere ricordata a tante persone che oggi qualificano le persone delle quali si interessano come, ad esempio, “un ebreo italiano”. L’International Herald Tribune manda i suoi giornalisti nei grandi ospedali di Gerusalemme e si accorge che in queste strutture gli arabi e gli ebrei sono fianco a fianco, con pari diritti e impegni, sia che indossino il camice, sia che siano ricoverati nelle corsie; certamente questo non è sufficiente a risolvere i problemi politici che si devono affrontare di nuovo quando si esce dall’ospedale, ma dentro quelle mura la politica non entra per nessuna regione, ed anzi la convivenza, alla lunga, potrebbe anche gettare utili semi per il futuro. Alberto Cavaglion studia il periodo torinese di Nietzsche sulle colonne de La Stampa, e, dall’esame delle sue ultime memorie spiega che il filosofo non fu un precursore del nazionalsocialismo. Tahar Ben Jalloun sul Corriere scrive delle moschee e dei mausolei distrutti da islamisti nei giorni scorsi in Mali, uomini seguaci del teologo del XVIII secolo Wahab dal quale nacque la dottrina wahabita. Non saranno veri conoscitori dell’Islam, come scrive l’autore, ma coi mezzi dei quali dispongono, e non solo mezzi economici, ma anche politici, fanno tutto quello che vogliono.

Emanuel Segre Amar