…antisemitismo

Nella mia prima apparizione su questa pagina, circa quattro anni fa, notavo che Israele contava 7,3 milioni di abitanti, meno di Svezia, Austria, Svizzera, Bulgaria, Serbia, più di Danimarca, Slovacchia, Finlandia, Norvegia, Irlanda, Croazia, fra i paesi europei al di sotto dei 10 milioni. Quattro anni dopo, alla vigilia del Capodanno ebraico, la popolazione di Israele ammonta a 7.930.000, di cui 5.970.000 ebrei, ha superato la Bulgaria e la Serbia, e tallona da vicino la Svizzera. La crescita demografica di Israele è andata di pari passo con lo sviluppo dell’economia e delle infrastrutture, ma anche comporta una crescente complessità nella compagine sociale, persistenti disuguaglianze nella distribuzione delle risorse, e un vivace dibattito interno sulle vie politiche da seguire in una democrazia con tredici partiti rappresentati in parlamento. Ci chiedevamo allora, e ci chiediamo nuovamente oggi: E’ possibile parlare di Israele in termini normali e non eccezionali? Il sionismo storico, con lo strumento della sovranità statale, perseguiva due scopi: mantenere l’eccezionalità, e conseguire la normalità per il popolo ebraico. È possibile conseguire questi due obiettivi antitetici? Di fatto, in Europa si parla quasi sempre di Israele al di fuori della norma. Un’indagine sulle percezioni dell’antisemitismo da parte degli ebrei in nove paesi europei, fra i quali l’Italia, è in corso in questi giorni attraverso la rete internet su iniziativa della Fundamental Rights Agency dell’Unione Europea. Tutti sono invitati a partecipare. I suoi risultati ci permetteranno presto di meglio valutare la relazione triangolare che indubbiamente esiste oggi all’interno delle società europee fra il fenomeno Israele, sempre presente nell’orizzonte mediatico e politico, gli atteggiamenti prevalenti nei confronti di Israele e delle comunità ebraiche locali nei diversi paesi, e i loro riflessi all’interno della popolazione ebraica in Italia e in Europa.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme