…civili

Il rapporto della commissione storica italo-tedesca sul biennio 1943-45 in Italia, presentato ufficialmente giorni fa alla Farnesina e di cui parla polemicamente Bruno Gravagnuolo su L’Unità del 22 dicembre, sembra caratterizzare questo tragico biennio della storia italiana soprattutto come una guerra contro i civili, una guerra condotta dai nazisti e dai loro accoliti della RSI contro le popolazioni civili, attraverso i massacri, le rappresaglie, gli arresti sistematici e le consegne di ebrei alla deportazione. Una caratteristica questa che non fu, come si sa, solo italiana, perchè la seconda guerra mondiale è stata ovunque una guerra contro i civili. Non una guerra civile, quindi, scrive Gravagnuolo citando il celebre studio di Claudio Pavone, ma una guerra contro i civili. Non so se sia davvero possibile contrapporre così nettamente le due visioni, perchè è evidente che l’una non esclude l’altra, che l’una, la guerra contro i civili di tedeschi e repubblichini, non esclude quella dei repubblichini italiani contro gli italiani resistenti ed ebrei. A meno che non si voglia leggere l’interpretazione di Pavone, che ha avuto fra l’altro il grande merito di far superare alla storiografia sulla Resistenza il carattere agiografico dei primi decenni, attraverso le lenti deformanti di quanti volevano tirarla verso una riabilitazione dei militi di Salò, equiparandoli ai partigiani sia dal punto di vista etico che politico. Non è quanto il libro di Pavone sosteneva. Ma credo anche che sottolineare esclusivamente il carattere di guerra dei nazisti contro i civili finisca per sbiancare le responsabilità dei fascisti italiani e soprattutto quelle della RSI. Che ha avuto un ruolo determinante, non dimentichiamolo, come Vichy in Francia, nella deportazione degli oppositori politici ,degli ebrei e dei miltari italiani. Il fatto che, come la commissione sottolinea, la RSI avesse ben poca autonomia rispetto ai tedeschi nulla toglie alle sue enormi colpe.

Anna Foa, storica