Israele – Prove di coalizione

A tre giorni dalle elezioni, i punti fermi del prossimo governo israeliano sembrano essere soltanto due: Benjamin Netanyahu come primo ministro, Yair Lapid con un incarico di primo piano. Mentre fervono le consultazioni tra i leader politici per formare una coalizione che possa contare sulla maggioranza della Knesset (anche se ufficialmente il presidente Shimon Peres attribuirà l’incarico soltanto il 30 gennaio quando saranno ufficiali i risultati delle elezioni), sono diversi gli scenari che si profilano. La prima ipotesi avanzata da analisti e giornali è stata quella di un governo che vedesse il Likud-Beytenu di Netanyahu coalizzarsi, oltre che con Yesh Atid di Lapid, con il suo ex capo dello staff e attuale leader di Habayit Hayehudì Naftali Bennett, che all’attuale premier ha sottratto molti consensi a destra. Nelle ultime ore tuttavia hanno iniziato a circolare voci di una possibile virata al centro della coalizione. Il quotidiano di sinistra Haaretz riporta che, secondo fonti del Likud, Bibi starebbe considerando l’ipotesi di lasciare fuori Bennett, per cercare alleati alla sua sinistra. Una voce che troverebbe conferma anche nelle notizie pubblicate dal Jerusalem Post secondo cui Netanyahu avrebbe contattato la leader laburista Shelly Yachimovich per invitarla a discutere di un possibile ingresso del suo partito nella coalizione. E se Yachimovich avrebbe rifiutato l’alleanza (ma non l’incontro) promettendo una opposizione forte, il numero tre del Labor Eitan Cabel ha dichiarato in un’intervista alla radio dell’esercito che “se Netanyahu avesse il coraggio di formare un governo centrista, ipotesi che al momento è solo un desiderio, il partito laburista probabilmente accetterebbe di farne parte”. Tra le notizie in primo piano è anche il dibattito circa il possibile ministero da affidare a Lapid. Alla luce del suo notevole apporto in termini di parlamentari (19, solo uno in meno del Likud preso singolarmente), dovrà essere uno dei dicasteri più importanti. Netanyahu gli avrebbe offerto il Tesoro, anche in considerazione dell’interesse dell’ex giornalista per i temi socio-economici, ma i consiglieri di Lapid gli avrebbero suggerito di evitare di mettere la propria firma sulle politiche di sacrificio che il governo sarà costretto a chiedere agli israeliani con la prossima legge di bilancio. Un’ipotesi accredita è quella di un Lapid ministro degli Esteri. Anche se, finché non si chiarirà l’intero spettro degli alleati di Bibi, i condizionali rimangono d’obbligo.

(25 gennaio 2013)