sacerdoti…

Leggiamo in questa Parashà l’ordine divino di avviare Aharòn ed i suoi figli al sacerdozio. Il Misrash narra brevemente che quest’ordine fu causa di dispiacere per Moshè, ma che Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ lo placò ricordandogli che la Torà era stata affidata proprio a Moshè. Questo brevissimo midràsh necessita di qualche spiegazione. La destinazione di Aharòn al sacerdozio era causa di dispiacere per Moshè perché sperava di essere lui il Sommo Sacerdote. Ma qual è il compito del sacerdote? Principalmente, quello di avvicinare ogni persona, compresi i peccatori che dovevano espiare le loro colpe. Per questo era necessario un personaggio che fosse molto vicino al popolo, non ad un livello tanto distante come era Moshè. Per fornire un esempio banale, chi insegna Ghemarà’ o Poseqìm agli esperti non è adatto ad insegnare ai bambini a compitare le prime lettere dell’alfabeto. Quando Moshè rimase male per la destinazione di Aharòn, D.o gli spiegò che come D.o stesso non avrebbe potuto insegnare la Torà direttamente ad Israele bensì aveva bisogno di un Moshè che lo facesse, così Moshè non poteva occuparsi del sacerdozio ma aveva bisogno che se ne occupasse Aharòn.
Questa spiegazione comporta un quesito: allora il Sommo Sacerdote è di livello inferiore rispetto a chi si preoccupa di far eseguire le leggi? O, mutuando la terminologia da un diverso periodo storico, il potere spirituale deve essere inferiore e sottoposto al potere temporale? Possiamo agevolmente rispondere che non è questo il vero problema. Non si tratta qui di livello o di importanza, bensì dell’essere più o meno adatti a determinati compiti. Chi, come Aharòn, ha il compito di capire da vicino le singole realtà, le singole posizioni, deve essere in condizione di poter capire le necessità e le debolezze del singolo. Moshè non era questo tipo di persona. Ce lo dimostra il fatto che più di una volta le mormorazioni del popolo, che – sia pure con scarsa pazienza e sopportazione – soffriva fame e sete, vennero scambiate da Moshè per ribellione. Ciò dipendeva dal fatto che per Moshè la fisicità non era un problema: era capace di stare quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare né bere, e pertanto non era in grado di capire chi soffriva per la mancanza di cibo o di bevanda. Aharòn, anche se intellettivamente e moralmente non inferiore a Moshè, poteva capire anche le necessità del singolo, e per questo era più adatto al sacerdozio.
Perciò, chi si occupa delle necessità ebraiche quotidiane della gente non può essere la persona che si astrae da questo mondo, bensì qualcuno che vive il mondo, lo conosce e lo capisce.

Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana

(21 febbraio 2013)