Tea for Two – Meno parole, più leggibilità

Preludio: Shabbath, la pioggia batte sui vetri e un nuovo dilemma mi assale: che libro iniziare a leggere? Due della Némirovsky o uno comperato nella libreria della stazione nel vano tentativo di diventare “la ragazza con il trolley che alla Stazione Centrale compra un volume e si sente Anna Karenina senza depressione post Vronsky”? Mentre addento le orecchie di Aman alla marmellata (quelle al cioccolato finiscono subito), alzo lo sguardo distratto verso il tavolino del salotto. Lì, proprio lì, tra la lettera di Silvio sull’imu e una copia di Grand Hotel con la solita copertina di Barbara de Rossi o sulle doti culinarie di un attore di Centovetrine, mi guarda timido e spaventato il numero di marzo di Pagine ebraiche. Abbandono Irene e la stazione e lo sfoglio. Fine preludio. (…) IL, il mensile del Sole 24 Ore ha una rubrica nelle prime pagine fenomenale, si chiama La macchina del fango ed è la stroncatura preventiva del giornale. Stroncare è facile e molto gustoso, ma per gioco delle sorti e onorare Purim decido di fare una cosa diversa: spiegare perché secondo me questo numero di Pagine ebraiche ha un che di delizioso. E ve lo dice una lettrice che è abituata alla perfezione strutturale di Vanity Fair. Primo elemento fondamentale, questo è il numero che inaugura meno parole. Quindi udite udite, forse riusciremo a leggere tutto il numero di marzo prima dell’arrivo a casa di quello di settembre con il dossier sui fatti importanti dell’anno. Secondo elemento degno di nota, questa volta ce n’è davvero per tutti i gusti. Non solo troviamo una intervista a Ginevra Elkann, la più inafferrabile e radical chic dei fratelli (una erede degli Agnelli che per dirvi NON ha la patente!) ma ci facciamo anche una chiaccherata con l’archistar Libeskind e scopriamo una fotografa da tenere d’occhio, Elinor Carucci. Allora dopo aver letto l’articolo sul fumettista Vittorio Giardino che finalmente evidenzia l’importanza culturale dell’infanzia passata leggendo Topolino e il ritratto di Ed Koch, il compianto sindaco di New York, sono pronta a gustarmi il gelato arabo-israeliano della pagina sapori. Torna poi in grande forma Pagine ebbraiche l’inserto sul witz per omaggiare Purim. Come dice Gianni Rodari “Il verbo leggere non sopporta l’imperativo”, lui però è lì paziente sul tavolino del salotto.

Rachel Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2
(25 febbraio 2013)