Kodashim…

“Ed il recipiente di terracotta in cui [il sacrificio] sarà stato sottoposto a cottura, dovrà esser rotto …” (Vaikrà 6, 21). Il grande commentatore Rabbì Shlomò Itzhakì, conosciuto con il suo acronimo come Rashì, sottolinea che, questa mitzwà, e cioè di rompere i recipienti, riguarda tutti i Kodashim, vale a dire tutti i recipienti consacrati. A questo punto si domandano i Maestri quale sia l’insegnamento che la Torà vuole trasmetterci. Il Kelì Yakàr associa l’utensile dove viene cotto il sacrificio per l’espiazione dei peccati con l’uomo. Così come l’utensile assorbe nel suo interno il divieto, e non ha riparazione se non con la sua rottura. Così l’uomo che viene ad espiare un peccato, che ha assorbito nel suo intimo compiendo quella trasgressione, non ha riparazione se non con la “rottura” – la lacerazione del proprio cuore. Solo cosi con il “cuore rotto” l’uomo potrà arrivare al pentimento ed alla purificazione.

David Sciunnach, rabbino

(20 marzo 2013)