Qui Roma – La Slovacchia ebraica rivive in foto

Last Folio -Yuri Dojcנשארה. Ciò che resta. Poche lettere, salvatesi dalla distruzione del tempo e della guerra, riportate su un libro logoro e poi su una fotografia. Ciò che resta di una scuola ebraica da cui furono deportati nel 1942 tutti gli studenti. Ciò che resta della storia degli ebrei slovacchi, riportata alla luce dalle fotografie di Yuri Dojc, protagonista della mostra Last Folio inaugurata ieri alla Biblioteca nazionale centrale di Roma (rimarrà aperta fino al 27 gennaio 2014). Un progetto, portato in Italia dall’Ambasciata della Repubblica Slovacca in Italia in collaborazione con l’Ambasciata del Canada, incentrato sulle fotografie scattate da Dojc nella scuola ebraica di Bardejov, quando vi capitò quasi per caso nel 2006. E dove, per caso, trovò un libro appartenuto a suo nonno. Di questo viaggio nel passato, nella Slovacchia ebraica, racconta il documentario, che affianca la mostra, della regista Katya Krausovà.
“In quelle immagini c’è l’universalità della cultura umana. Nelle fotografie dei libri emerge l’importanza della trasmissione del pensiero, dell’identità di un popolo”, ha affermato il direttore della Biblioteca nazionale Osvaldo Avallone durante l’inaugurazione, a cui erano presenti tra gli altri l’ambasciatore israeliano a Roma Naor Gilon e il presidente della Fondazione del Museo della Shoah di Roma Leone Paserman. Secondo Avallone la scelta di ospitare la mostra in una biblioteca nasce dal fatto che questa sia “il luogo ideale di incontro tra cultura e arte, ma soprattutto luogo dove il sapere, la conoscenza, la storia dell’umanità si tramanda attraverso milioni di libri antichi e moderni ivi conservati, testimoni e superstiti della nostra memoria”. “Juri Dojc è riuscito a farci scoprire la bellezza dove forse non l’abbiamo cercata”, ha sottolineato l’ambasciatore slovacco Maria Krasnohorska mentre alle sue spalle comparivano gli scatti del fotografo slovacco-canadese dei luoghi, scuole, cimiteri, sinagoghe, immortalati da Dojc nel suo paese di origine. “Frammenti di vita che viaggiano nel tempo e nello spazio”, ha commentato l’ambasciatore del Canada in Italia Peter McGovern.
Tra le immagini che aprono la mostra, una fotografia riportata su tela su cui compare in solitudine la scritta נשארה, (ciò che resta). E dall’idea di immortalare quello che dolorosamente restava della comunità ebraica slovacca, è nato il progetto che ha portato alla mostra e al documentario: nel 1997, Dojc incontra al funerale di suo padre un sopravvissuto alla Shoah e da lì decide di immortalare gli altri testimoni della guerra prima che sia troppo tardi, prima che scompaiano anche loro. Dal Canada torna in Europa e ripercorre la Slovacchia attraverso il libro del padre in cui si raccontano le bellezze e il patrimonio ebraico custodito in quei luoghi. Raccoglie 150 ritratti, visita con la regista Krausovà città e sobborghi, riscoprendo le tracce di una realtà quasi dimenticata. Visita la scuola ebraica di Bardejov, dove il tempo sembra essersi fermato al 1942 e vi trova, tra i quaderni e le pagelle, un libro appartenuto a suo nonno. “Ognuno di noi cerca di lasciare traccia della nostra esistenza, un segno che rimarrà quando non ci saremo più. Ma non è rimasto quasi nulla che ricordi le vite delle persone stroncate dalla Shoah. La fotografia – spiegava Dojc raccontando il senso della mostra Last Folio, ideata da Daniel Weil – mi permette di costruire un memoriale privato in loro ricordo. Tramite queste foto rendo loro omaggio e mantengo vivo il loro ricordo. Posso solo sperare che le mie immagini lascino un segno in chi visiterà la mostra”.

Daniel Reichel
(30 ottobre 2013)