…catalogo

Catalogo delle ragioni per non lasciare la comunità ebraica (dedicato a Moni Ovadia, perché ci ripensi):
non lascio, perché se me ne vado la comunità perde una voce libera
non lascio, perché anche se lo facessi sarebbero comunque gli altri a identificarmi con la comunità
non lascio, perché ho passato gran parte della mia vita a lavorare per l’apertura e per l’inclusione, e se non sono io per me, chi è per me? (R.Hillel, Pirqe Avot)
non lascio, perché voglio che una comunità ebraica nella diaspora sia libera come è libera la società israeliana
non lascio, perché questa è stata la casa dei miei bisnonni, dei miei nonni e dei miei genitori, e vorrei che lo fosse per i miei figli e i miei nipoti
non lascio, perché la società italiana ha bisogno di una comunità ebraica aperta e democratica
non lascio, perché c’è bisogno di me e io ho bisogno degli altri (non per niente siamo comunità)
non lascio, perché a volte c’è bisogno di miniàn se no non si può recitare kaddish
non lascio, perché quando dovrò recitare il kaddish avrò bisogno di un miniàn
non lascio, perché senza di me la comunità è più povera
non lascio, perché senza la comunità io sono più povero
non lascio, perché insieme si studia meglio
non lascio, perché insieme si litiga meglio
non lascio, perché insieme si cresce e da soli si muore, soli
non lascio, perché il mio nome è nella lista che gli antisemiti hanno pubblicato sul web
non lascio, perché detesto che un antisemita mi dia ragione su facebook
non lascio, perché non voglio che chi mi insulta su facebook o sul mio blog lo faccia a nome di una comunità che è anche mia
non lascio, perché vivere in comunità mi aiuta a tenere a bada il mio ego smisurato
non lascio, perché voglio dare il mio contributo al raggiungimento della pace in Medioriente, e da dentro posso farlo meglio
non lascio, perché “ho imparato dai profeti d’Israele che bisogna essere al fianco dell’oppresso”

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(8 novembre 2013)