Oltremare – Il grigio

fubiniIl grigio è lontano da qui, oltre il mare e in mezzo alla terra, quella terra che era casa, e che ha prodotto il mostro peggiore degli ultimi 100 anni.
Il grigio è onnipresente, nella memoria che non è ricordo, perché noi che siamo nati dopo, noi giovani o quasi, il ricordo del vissuto non l’abbiamo. Ma abbiamo la memoria, che abbraccia anche l’assenza. Fotografie in bianco e nero, nomi di famigliari che hanno solo passato e nessun presente.
Dopo l’aliyah, ogni ebreo passa un confine che è fisico e anche ideale. Il nostro “qui” è oggi Israele, il paese dei pionieri e del kibbutz, del sole e dell’epopea del paese “nostro” per davvero, per il quale si è combattuto purtroppo fino alla nostra generazione, ogni anno o quasi. Il “lì”, l’altrove, è adesso l’Europa, con tutta la sua storia e cultura e bellezza che un po’ ci manca tutti i giorni. E con tutta la violenza cieca e assassina contro di noi, proprio noi, meno di un secolo fa – ma sembra ancora meno, a guardare da qui. Sì, il fatto di vivere nel paese sognato e poi costruito, un luogo pieno di sole e calore perfino adesso, a fine gennaio, non ci toglie dagli occhi quel grigio, le righe verticali delle casacche, i filmati degli alleati, gli occhi sgranati dei bambini.
E anzi aggiunge l’orrore di una generazione che, anche quando è arrivata qui, in salvo, ha dovuto prendere in mano armi sconosciute e combattere nella guerra di Indipendenza, e si è sentita chiedere a volte “perché avete lasciato che vi massacrassero così”? Perché non avete combattuto abbastanza laggiù, non avete combattuto come noi qui intanto combattevamo contro il sole che seccava tutto quello che piantavamo, e contro gli arabi o gli inglesi.
Chissà come l’hanno spiegata, in quegli anni imperdibili, epici, ai pionieri abbronzati del 1948, la genuina incredulità dei deportati, che ancora sui grigi treni piombati credevano di andare soltanto a lavorare.

Daniela Fubini, Tel Aviv
twitter d_fubini

(27 gennaio 2014)