L’ombra di Putin

tobia-zeviPer la terza volta in poche settimane torno sull’evoluzione dello scacchiere mediorientale. Oggi lo faccio alla luce della visita recente di Abdel Fattah Al-Sisi, uomo forte dell’esercito egiziano e presidente in pectore, a Vladimir Putin. La settimana scorsa i due si sono incontrati in Russia, ampie delegazioni al seguito, e hanno siglato accordi commerciali e di cooperazione militare. Al termine dei negoziati Al-Sisi ha incassato la benedizione di Putin in vista delle prossime elezioni egiziane, sancendo in questo modo la sua autonomia potenziale dagli Stati Uniti.
La Russia, dopo la Siria, continua a tessere la sua tela nel Mediterraneo, e questa volta lo fa direttamente col principale alleato americano dopo Israele. Dai tempi di Sadat, infatti, l’Egitto gode di un enorme supporto finanziario dagli USA, e in cambio garantisce il rispetto dell’accordo di pace con Israele e la stabilità della regione. Ciò si è interrotto con la defenestrazione di Mubarak e la presa del potere degli islamici, ma la freddezza americana rimane anche dopo il nuovo colpo di Stato militare.
Gli Stati del Golfo appoggiano il nuovo governo oppure lo osteggiano, la Turchia si mostra apertamente contraria, e gli USA appaiono ondeggianti e comunque meno interessati. Putin tenta di insinuarsi in queste contraddizioni, sapendo che, anche in tempi di crisi, i rubli del gas e del petrolio possono garantire una sfera d’influenza significativa nell’area.
Tutto sta cambiando molto rapidamente, e Israele non può stare a guardare gli equilibri nascenti, deve trovare il modo di farne parte.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi

(25 febbraio 2014)