…guerre

Giochiamo a Risiko. Ma non è un bel gioco se la carta geografica è quella reale. Siamo a cent’anni dallo scoppio della Grande Guerra e la riflessione storiografica si incentra da sempre (lo abbiamo studiato da ragazzi) sulle “cause della prima guerra mondiale”. Ce ne furono molte, ma nessuna definitivamente accreditata come “la” causa. E alla fine dei conti diamo tutti la responsabilità alla dissennatezza del giovane Gavrilo Princip che decise di assassinare l’arciduca Francesco Ferdinando. Con il risorgere dei nazionalismi, con l’aumento della tensione fra alleanze militari, con il riemergere di cosiddette “potenze regionali”, una scintilla può bastare, a meno che tutti, ma proprio tutti, non comincino a moderare i toni e a proporre soluzioni geopolitiche praticabili. Perché se no il gioco rischia di avverarsi, e le conseguenze potrebbero andare al di là della possibilità di controllo. Una simulazione, giusto per capire i pericoli? Ma sì, proviamo. Prendiamo una manifestazione filorussa a Donetsk, confine orientale dell’Ucraina. Alla manifestazione vengono invitati dei parlamentari della Duma russa che incitano la folla. La polizia reprime, scoppiano scontri e un parlamentare rimane gravemente ferito. L’incendio divampa, la Russia ammassa truppe al confine e pretende le scuse e un referendum delle province orientali. L’Ucraina si irrigidisce e la Russia, con il pretesto di soccorrere le popolazioni russofone, inizia l’occupazione della provincia e in sovrappiù paracaduta un contingente in Transnistria accogliendo la richiesta di annessione avanzata due settimane fa in corrispondenza del referendum di Crimea. La Romania chiede la convocazione del consiglio della Nato e delle Nazioni Unite per difendere i diritti della Moldova, che si vede definitivamente espropriata di un territorio suo in base al diritto internazionale. Scoppiano nel frattempo incidenti militari al confine fra Moldova e Transnistria che inducono la Nato a rafforzare fino al livello di massima allerta le forze nella regione. Una portaerei americana varca lo stretto di Dardanelli e entra nel Mar Nero. In Medioriente – nel frattempo – la tensione sale alle stelle. Mentre il nuovo presidente di Israele Natan Sharansky si presenta in TV e rivolge un discorso in russo ai fratelli ebrei dell’Europa orientale (Russi, Ucraini ecc., ma tutti fondamentalmente ebrei), il governo di Israele è sostanzialmente paralizzato, non potendo permettersi di prendere posizione senza mettere seriamente a rischio la condizione degli ebrei della regione e gli interessi geostrategici del paese. Ci pensa però Hezbollah a infiammare le polveri: con un improvviso lancio di missili a lunga gittata che partono dal sud del Libano, nuovamente tutto il nord di Israele piomba nell’incubo della guerra. La risposta è immediata e durissima: basi di Hezbollah sono attaccate nel Libano ma anche in Siria, e parte anche l’attacco preventivo sulle centrali atomiche iraniane che vengono seriamente danneggiate. L’incendio divampa nell’intera regione: la Turchia interviene bombardando a sua volta la Siria e a questo punto la NATO è ufficialmente coinvolta… La mia immaginazione si ferma qui (per motivi di spazio). Naturalmente è un gioco, cupo e macabro, che nessuno si auspica. Ma le condizioni ci sono tutte: grave crisi economica, risveglio di mai sopite pretese nazionalistiche, esasperazione popolare, grandi quantità di armi sostanzialmente inutilizzate, gravi incertezze politiche nella gestione dei consessi internazionali, poca chiarezza nel diritto internazionale, indebolimento deciso dell’autorevolezza dell’unica superpotenza rimasta al mondo, gli USA. A proposito, forse non tutti sanno che Gavrilo Princip morì nel 1918 di tubercolosi nella fortezza di Terezin: gran brutto presagio.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(28 marzo 2014)