I vertici dell’ebraismo rispondo alle accuse

rassegna“La presunta truffa ai danni della Comunità Ebraica di Milano e i presunti illeciti di alcuni medici dell’Ospedale Israelitico sono oggi all’attenzione della magistratura. Oggi la Comunità Ebraica di Milano e l’Ospedale Israelitico, nonché la Comunità Ebraica di Roma, sono in queste vicende parti lese. Sono invenzioni le accuse di negligenza e di leadership dedite a rapporti privilegiati”. È la chiara risposta congiunta riportata dal Corriere della Sera e Repubblica del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e dei presidenti delle Comunità ebraiche di Roma e Milano, Riccardo Pacifici e Walker Meghnagi, alla lettera aperta pubblicata ieri a firma di tre intellettuali italiani, Gad Lerner, Stefano Levi Della Torre e Moni Ovadia. Questi ultimi hanno attaccato i vertici comunitari, in particolare di Roma e Milano, accusandoli di “negligenza”, di coltivare “rapporti privilegiati col potente di turno” e di “abbinare il settarismo identitario con le pratiche clientelari”. Accuse che hanno radici lontane, con uno scontro aperto tra i tre firmatari e le istituzioni dell’ebraismo italiano, in particolare Lerner e Ovadia, e che riapre la polemica, prendendo spunto dalle vicende dell’Ospedale israelitico di Roma e della sottrazioni indebite di cui è rimasta vittima la Comunità ebraica di Milano. Oltre a respingere al mittente le accuse, i diretti interessati, con il supporto del presidente Gattegna – come riportano Alessia Gallione e Gabriele Isman su Repubblica – rispondono alla richiesta di Lerner, Levi Della Torre e Ovadia di “fare pulizia prima di Pasqua, come ci insegna la tradizione”, parlando di provocazioni e critiche strumentali. “Pesach, la Pasqua Ebraica, significa “passare oltre” – si legge nel comunicato congiunto dei tre presidenti – Sicuramente passeremo oltre a questa provocazione ma è bene ricordare che in questa festa, secondo le tradizioni, tutti si devono porre in una posizione di dialogo e ascolto”. Alla messa in dubbio sul ruolo di controllo dei vertici comunitari e la mancanza di trasparenza, Pacifici e Meghnagi affermano che gli scandali sono emerso “solo grazie ai due enti che, sin dalle prime avvisaglie, hanno sporto denuncia: noi siamo parti lese” (Repubblica Milano).

Il processo di pace come ostacolo alla pace tra israeliani e palestinesi. A sostenerlo, dalle pagine de La Stampa, lo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua che descrive il quadro delle trattative come una “interminabile e inesauribile serie di illusioni”, proponendo di interrompere momentaneamente i colloqui. Un’interruzione repentina volta a dare, secondo Yehoshua, un impulso positivo proprio al processo di pace, condizionato da una situazione di “immobilità”. Come già un’altre grande firma israeliana, Nahum Barnea, Yehoshua chiede a Washington, mediatrice dei negoziati, di fare un passo indietro perché “non è possibile che gli Stati Uniti, ancora considerati la principale superpotenza mondiale e con le idee molto chiare sui dettagli e sul tipo di accordo che dovrà essere stipulato tra palestinesi e israeliani, sprechino le loro risorse, si umilino e creino false illusioni in un ‘processo di pace’ che non fa che ritardare la pace stessa”.

Sempre sul quotidiano torinese, Maurizio Molinari racconta l’addestramento di un reparto delle forze di sicurezza palestinese portato avanti da una missione di carabinieri italiani in Cisgiordania. Con il “pieno consenso di Israele”, come afferma il capo missione colonnello Massimo Menniti, 30 carabinieri danno lezione di tattica romana, uso della forza senza violenza, addestramento agli imprevisti a un gruppo di uomini scelti dall’Autorità nazionale palestinese tra i suoi corpi di difesa.

Il 7 aprile 1944 la famiglia Terracina fu tradita, venduta ai nazisti e deportata verso i campi di morte. A settant’anni da quella tragedia, Piero Terracina, unico sopravvissuto della famiglia, ricorda quei giorni terribili sulle pagine dell’Unità. Una drammatica testimonianza che oggi i ragazzi di alcune scuole romane ascolteranno di persona, nel luogo simbolo della Shoah, Auschwitz-Birkenau in cui Piero Terracina si è recato, partecipando al viaggio della Memoria assieme ai sopravvissuti Sami Modiano, Andra e Tatiana Bucci.

In Ungheria conferma alle urne per il premier uscente Viktor Orban. Con il 48 per cento, Orban ottiene per il secondo mandato consecutivo le chiavi del paese mentre rimane alto quanto preoccupante il risultato elettorale del partito di estrema destra Jobbik, attestatosi al 18 per cento (Corriere e Repubblica). Se è vero che il partito, cui retorica antisemita e contro i rom costituisce un serio pericolo per le minoranze ungheresi, non è riuscito a raggiungere l’obiettivo del secondo posto (in mano ai socialisti magiari con il 27%), Jobbik rimane stabile al terzo posto, con tutto il suo carico di violenza e pregiudizi. Chi sorride, in ogni caso, è Orban con la sua politica, definita da molti, autoritaria, fortemente improntata all’antieuropeismo (nonostante la stessa Europa abbia versato nelle casse ungheresi centinaia di miliardi di euro per salvarne l’economia in difficoltà) e con un atteggiamento nazionalistico, ampiamente orientato verso il populismo, volto a conferire nelle sue mani la guida del paese.

Daniel Reichel @dreichelmoked

(7 aprile 2014)