Qui Roma – Dal Ghetto ai giorni nostri

Nuove ricerche, nuovi interrogativi, nuove risposte sulla presenza degli ebrei a Roma e nello Stato della Chiesa. Una presenza segnata da grandi momenti ma anche da lutti e difficoltà considerevoli: se ne discuterà in occasione di un incontro convocato per questo pomeriggio presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea (via Caetani 32). Introdotti dalla direttrice della Biblioteca Simonetta Buttò, interverranno le docenti storia medievale dell’Università Sapienza Marina Caffiero e Anna Esposito, il professore di antropologia David Kertzer, l’archivista Manola Ida Venzo e la curatrice del Museo ebraico di Roma Olga Melasecchi. L’incontro, che avrà inizio alle 16.30, sarà moderato dall’assessore alle scuole della Comunità ebraica Ruth Dureghello. Di tematiche affini si parlerà anche domani alle 20.30, al Museo ebraico, con la presentazione del volume “Il Ghetto di Roma nel Cinquecento” (ed. Viella) del professore di storia ebraica dell’Università di Haifa Kenneth Stow. Ad intervenire la storica Anna Foa, il direttore del dipartimento culturale della Comunità ebraica Claudio Procaccia e Roberto Rusco (Università Roma Tre). Ricco di informazioni antropologiche e storiche, il volume si concentra sulle dinamiche comunitarie che seguirono all’emissione della bolla Cum nimis absurdum da parte di Paolo IV. “Lo scopo primario del ghetto doveva essere quello di accelerare la conversione degli ebrei e la dissoluzione della loro cultura. Ma già prima del 1555 – spiega Stow – gli ebrei romani avevano sviluppato modelli di comportamento individuali e comunitari in grado di poterli sostenere anche nei periodi più duri. Dopo la creazione del ghetto riuscirono infatti a rafforzare ulteriormente le proprie strategie di acculturazione e a sviluppare quindi una microcultura che ne salvaguardò l’identità attraverso i secoli. Grazie a un sapiente gioco delle parti, gli ebrei romani misero in scena un ‘teatro sociale’ in grado di farli sopravvivere, restando ebrei e romani, all’interno di un ambiente cristiano che le gerarchie ecclesiastiche avrebbero voluto dominante e oppressivo”.

(16 giugno 2014)