“Gaza, attacco inevitabile”

rassegnaMentre Israele si raccoglie per la scomparsa del suo primo soldato, le operazioni via terra che hanno portato all’ingresso nella Striscia di Gaza proseguono senza sosta con l’obiettivo di ridurre l’offensiva dei terroristi di Hamas e vanificare il traffico degli armamenti che avverrebbe attraverso una fitta catena di tunnel sotterranei. L’attacco arriva dopo l’aperto rifiuto della tregua da parte dello stesso Hamas. Un rifiuto condannato con forza anche dal governo egiziano, che aveva provato a intavolare una difficile mediazione.
“Israele non si dà limiti di tempo per l’offensiva e fonti militari aggiungono ‘l’intento è disarmare Hamas’, ovvero impedirgli di continuare a lanciare attacchi contro lo Stato ebraico” scrive Maurizio Molinari sulla Stampa.

Una riflessione sull’ineluttabilità dell’evento arriva da Fiamma Nirenstein sul Giornale: “Ieri sera alle undici è accaduto quello che ci si aspettava, soprattutto da quando un commando di 13 terroristi aveva cercato ieri mattina di attaccare un kibbutz del sud passando da una galleria che li ha portati da Gaza dentro il territorio d’Israele”.

Sul Corriere della sera Guido Olimpio approfondisce invece la realtà dei tunnel: “Nei periodi buoni il movimento palestinese è arrivato a investire il 30-40% del suo bilancio nella realizzazione delle gallerie sotterranee che collegano Gaza alla cittadina egiziana di Rafah, giusto dall’altra parte del confine meridionale. E in qualche caso ne hanno costruite alcune sofisticate per cogliere di sorpresa gli israeliani. Come nel 2006, quando il soldato Shalit fu catturato da un commando sbucato da sottoterra”.

Un duro attacco sia a Israele che ad Hamas arriva dal settimanale L’Espresso, che in copertina titola: “Perchè vince la guerra”. E poi sottotitola: “Hamas che ha bisogno di martiri per ritrovare il consenso. Netanyahu che non vuole trattare ed è ostaggio dei coloni. Ecco tutti i motivi per cui non si fa la pace in Terra Santa”. L’approfondimento è curato da Wlodek Goldkorn e Gigi Riva.
Varie testate danno prova di parzialità. Il Manifesto su tutti, con modalità ambigue, titola: “Dopo una breve tregua Israele invade la Striscia”. L’impressione che se ne ricava è che sia stato Israele a voler interrompere una tregua, rifiutata invece da Hamas con incessanti lanci di razzi verso lo Stato ebraico e con l’operazione terroristica delle scorse ore.

Sempre sul Medio Oriente di grande interesse l’intervista rilasciata ad Europa da Sergio Della Pergola in cui il noto demografo, ospite del seminario giornalistico Redazione Aperta a Trieste, torna ad avallare la formula ‘due popoli, tre Stati’. “Credo che con coraggio dobbiamo guardare a nuove soluzioni. Esistono due entità palestinesi – si legge nell’intervista, realizzata quando ancora l’attacco di terra non era stato lanciato – a Gaza il potere è legittimamente nelle mani di Hamas, mentre la Cisgiordania è illegittimamente governata da Abu Mazen, il cui mandato è scaduto due anni fa. Ma, nonostante ciò, nessuno lo mette in discussione. Israele deve, dunque, siglare due paci separate con due entità politiche differenti. A Gaza, in teoria, la soluzione sarebbe più facile: trattare con Hamas, solo dopo che questo movimento abbia riconosciuto il diritto all’esistenza dello Stato ebraico, per arrivare alla costituzione di uno Stato demilitarizzato a Gaza. In Cisgiordania la situazione è più difficile perché lì vivono 350mila israeliani vicino a 2,3 milioni di palestinesi”. In questo caso si tratterebbe di prendere una matita e delle carte geografiche “e tracciare nuove frontiere”.

Sul settimanale Sette del Corriere Antonio Ferrari saluta invece Shimon Peres, ormai vicino alla conclusione del suo incarico da capo dello Stato. “Esaurito il mandato presidenziale, si dedicherà alla sua fondazione. Non ha avuto il coraggio di osare – si legge – ma dopo di lui il Medio Oriente sarà diverso”. Ferrari inoltre chiosa: “Esce di scena il grande che ha perso sempre”.

Ieri a Roma, davanti al Pantheon, maratona oratoria in difesa delle ragioni di Israele organizzata dalla Comunità ebraica con il supporto dell’ambasciata israeliana e altre sigle raccolte nel comitato d’emergenza “Israele sotto attacco”. Tra i tanti ospiti bipartisan della manifestazione Marco Pannella, Fabrizio Cicchitto, Renato Brunetta, Gianni Alemanno e Tommaso Giuntella. Assente invece Silvio Berlusconi, che aveva annunciato la propria presenza. “Da Roma parte una fase nuova, rimettiamo indietro le lancette: ripartiamo da quell’incontro in Vaticano tra papa Francesco, Peres e Abu Mazen e aiutiamo i palestinesi a costruire il loro Stato, ma senza Hamas che deve essere annientata e decapitata con ogni mezzo, così come fecero le truppe alleate in Europa con il nazismo” ha dichiarato il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici (Corriere Roma, tra gli altri).

Su Libero Francesco Specchia analizza i nuovi deliri antisemiti e anti-israeliani di Gianni Vattimo prontamente condannati, con forte rilievo sulla stampa nazionale, dal presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. L’articolista passa in rassegna anche gli inquietanti messaggi apparsi sul web a sostegno delle teorie del filosofo ed ex parlamentare europeo.

Nel centenario della nascita numerosi quotidiani ricordano l’eroismo di Gino Bartali, il grande ciclista fiorentino proclamato Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem. Tuttosport intervista il giornalista UCEI Adam Smulevich, che su Pagine Ebraiche ha raccolto la testimonianza inedita del 78enne fiumano Giorgio Goldenberg, nascosto assieme ai suoi cari in una casa di proprietà del campione di Ponte a Ema. Nell’articolo, a firma di Andrea Schiavon, si ricorda inoltre il contributo della psicologa Sara Funaro (oggi assessore al Welfare del Comune di Firenze).

(18 luglio 2014)