Torah…

Parafrasando le parole di un grande pensatore del ‘900, Abraham Joshua Heschel: dobbiamo ritoranre ai principi di base. Tornare al pensiero della Torah. Quando leggiamo le opere della filosofia occidentale, sono Platone o Aristotele, gli stoici o i neoplatonici che incontriamo continuamente. Lo spirito del loro pensiero aleggia su qualsiasi pagina di argomento filosofico. Tuttavia, cercheremmo invano la Torah nei recessi della metafisica occidentale. I Profeti sono assenti quando i filosofi parlano di D-o. Quello che intendo per assenza della Torah nella storia della filosofia non riguarda i riferimenti e le citazioni: passi biblici sono infatti ammessi di quando in quando. Quello che intendo è lo spirito, il modo di pensare, la maniera di guardare al mondo, alla vita; le premesse fondamentali della speculazione sull’essere, sui valori, sul significato. Apri una qualsiasi storia della filosofia. Talete o Parmenide ci sono: ma Isaia o Elia, Giobbe o l’Ecclesiaste li si prende mai in considerazione? Il risultato di tale omissione è che le premesse fondamentali della filosofia occidentale vengono fatte derivare dal pensiero greco anziché da quello ebraico. Nel pensiero filosofico moderno prevale un atteggiamento critico nei confronti della Torah. Secondo questo tipo di atteggiamento, la Torah è un libro ingenuo, è poesia o mitologia. Nella sua bellezza, essa non deve essere presa sul serio, poiché quanto al pensiero è primitiva e immatura. Come si potrebbe paragonarla a Hegel o Hobbes, John Locke o Schopenhauer? L’iniziatore di questa svalutazione dell’importanza intellettuale e spirituale della Torah è Spinoza…

Paolo Sciunnach, insegnante

(21 luglio 2014)