Germania, molotov sulla sinagoga

rassegnaSi sono intensificati la scorsa notte le operazioni israeliane su Gaza. Su La Stampa (Maurizio Molinari) sono pubblicate le parole del portavoce dell’esercito Peter Lerner, che ha parlato di “un graduale aumento della pressione su Hamas” a seguito della decisione presa da Netanyahu di estendere le operazioni per arrivare a neutralizzare razzi e tunnel. Un tentativo di infiltrazione di Hamas nel Negev orientale è stato fermato da alcuni uomini delle truppe scelte, e cinque miliziani sono morti. È inoltre fuori uso l’unica centrale elettrica della Striscia, distrutta da un incendio partito dai depositi di carburante, ma Israele non ha confermato la paternità dell’attacco. Senza elettricità manca l’acqua, e il sistema delle fognature è fuori uso. I raid hanno distrutto anche le stazioni televisiva e radiofonica di Hamas, e la casa dell’ex primo ministro della Striscia (Davide Frattini, Corriere). Sul Sole 24 Ore Roberto Bongiorni – pur sottolineando che il prezzo più alto sono le vite umane perdute – analizza i costi economici della guerra in corso. Secondo il Fondo monetario internazionale il conflitto ha già sottratto a Israele lo 0,2 per cento del Pil e i danni economici sono enormi.
L’Avvenire riporta le parole della Guida suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei, che ieri ha definito Israele “un cane rabbioso” che sta commettendo “un genocidio”, ed ha incitato tutto il mondo islamico ad armare il popolo palestinese.
Il ministro degli Esteri Federica Mogherini, nell’informativa sulla crisi di Gaza presentata ieri alla Camera (Corriere), dopo aver ricordato che la sua generazione aveva “sperato di poter vedere una stagione di riconoscimento e rispetto reciproci, e di pace”, ha aggiunto che “oggi il conflitto non si ferma e questo è inaccettabile politicamente e umanamente”. Ha ribadito che “si devono offrire a Israele garanzie di sicurezza nell’immediato sulla distruzione di razzi e di tunnel, nel breve periodo sulla demilitarizzazione di Gaza e sul controllo delle frontiere.”. “L’Italia ha valutato fin dall’inizio con favore il governo di unità nazionale tra Fatah e Hamas, e – ha aggiunto – è ora di riconoscerlo come interlocutore utile anche da parte israeliana, per rafforzare il ruolo del presidente Abbas e garantire a tutti i palestinesi un canale di rappresentanza istituzionale e internazionale”.
Subito dopo l’informativa del ministro Mogherini il parlamentare del Movimento Cinque Stelle Manlio Di Stefano (Corriere) ha sostenuto che “a Gaza è in atto un genocidio”, e ha invocato il ritiro dell’ambasciatore italiano da Israele. Immediata la risposta del portavoce dell’Ambasciata israeliana in Italia, secondo cui le dichiarazioni di Di Stefano, riportate anche dall’Avvenire, “riflettono una totale mancanza di comprensione del contesto, una unilateralità delle posizioni e una totale disconnessione dalla realtà dei fatti”, negando il diritto fondamentale di Israele a esistere.
E numerose sono le domande che Dario Calimani pone a Corrado Augias in una lettera a la Repubblica in cui scrive “Fino a ieri, da ebreo di sinistra, cercavo di vedere la realtà a tre dimensioni, e potevo passare per l’ebreo che odia se stesso, ora mi faccio solo domande.”, per proseguire chiedendo “perché intellettuali e stampa si risveglino soltanto quando Israele alza il pugno per difendersi, e non quando Hamas scava tunnel e lancia i missili? Perché la stampa non apre a certi interrogativi? Come mai i fondi internazionali ai palestinesi sono finiti in armi e tunnel o nei conti privati dei leader, anziché in scuole, ospedali e imprese? Quali sono i legami fra Hamas, la jihad e il califfato, e quale il loro fine? Hamas vuole la pace o vuole Gerusalemme?” E Augias, dopo aver risposto che “In un eterno conflitto, crudele e disperato, ognuno pensa di avere ragione e, dal suo punto di vista, “ha” ragione. È questa la dimensione tragica delle cose.” conclude scrivendo: “Ho letto le parole di David Grossman qui pubblicate lunedì: il confine non è più tra arabi ed ebrei ma tra chi aspira alla pace e chi si nutre di violenza; in Israele cresce, ha scritto, la consapevolezza che la soluzione è negoziare. Nobili parole ma per il momento solo un auspicio.”
Dopo quello che gli inviati de La Stampa definiscono “il giorno più nero” prende quota la manifestazione che avrà luogo questa sera alle 21 davanti alla sede del Foglio, un presidio di solidarietà per Tsahal e per tutti i cristiani perseguitati dall’integralismo islamico. L’invito del direttore della testata Giuliano Ferrara è chiaro: “Saremo quelli che non vogliono confusione ideologica e maleducazione intellettuale”. Tra le adesioni e le lettere di sostegno pubblicate dal Foglio le righe di David Meghnagi e di Franco Debenedetti che, citando Isaac Singer, chiede: “Chi sono dunque gli ebrei? Un popolo che non può dormire e che non lascia dormire gli altri”.
Dopo le condanne di ieri al raid antisemita che ha coperto i muri di Roma di parole di odio sembra possibile una svolta rapida nelle indagini: come riporta Rory Cappelli sulle pagine romane de La Repubblica, la Digos è al lavoro sui numerosi indizi lasciati dal gruppo di neonazisti che, evidentemente, avevano organizzato il raid da tempo. Il pool di magistrati procede per violazione della legge Mancino sulla discriminazione razziale e le indagini si stanno concentrando sull’individuazione dei responsabili, molti dei quali sono stati ripresi da diversi filmati, anche a volto scoperto. Sull’episodio si è espresso anche il sottosegretario agli esteri Mario Giro che (Il Messaggero Roma) ha espresso la sua “solidarietà alla comunità ebraica romana, a cui sono legato da anni per amicizia, collaborazione e affetto”. L’Osservatore romano rende conto del dialogo avvenuto fra il presidente della comunità Riccardo Pacifici e il premier Matteo Renzi, mentre solidarietà e vicinanza sono state espresse da tutte le principali forze politiche. Vittorio Amati, proprietario di uno dei negozi presi di mira, sulla pagina romana del Corriere della Sera ha sottolineato come non vadano cercate vendette, che porterebbero solo all’inizio di una faida.
E in Germania è senza parole la comunità ebraica – nelle parole del presidente Dieter Graumann – dopo l’attacco portato a termine da tre uomini contro la sinagoga di Wuppertal. L’edificio è stato danneggiato da alcune bottiglie molotov. C’è già stato un fermo: si tratterebbe di un giovane di origini palestinesi. Il Fatto Quotidiano e Corriere della Sera citano l’ex presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Charlotte Knobloch: “Quello che viviamo oggi è il tempo più preoccupante e minaccioso dal 1945”, e invita gli ebrei “a non rendersi riconoscibili”. Sul Foglio Jochen Feileke, direttore per la Germania della European Friends of Israel Association ha commentato con amarezza: “Si dice che Israele abbia tantissimi amici. Ma poi, al momento del bisogno, li puoi contare sulle dita di una mano”. Due settimane fa la stampa tedesca aveva dato molto risalto alle manifestazioni di antisemitismo avvenute in Francia, per scoprire nel giro di pochi giorni che anche il territorio tedesco non poteva dirsene esente.
lo scrittore e premio Nobel Elie Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz, intervistato da Andrea Tarquini per La Repubblica, non ha mezze parole: “L’antisemitismo è sempre legato a tutto ciò che è odio e male. È il fenomeno più assurdo mai esistito nelle relazioni umane, e vederlo rivivere oggi è agghiacciante e disgustoso”. Sostiene che gli israeliani sanno bene che la pace non è facile ma è necessaria e che “criticare Israele è una cosa, a volte una necessità. Odiarlo è ben altro, e non è un’opzione”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(30 luglio 2014)