Quattro quesiti sulla Memoria

Caro Colombo, a settembre 2013 abbiamo consegnato un’offerta per la costruzione del Museo della Shoah a Roma, su progetto di Luca Zevi. So che si sono candidate una ventina di imprese. Abbiamo speso tempo e denaro per preparare la gara. Dal Comune di Roma non ci sanno o non ci vogliono dire nulla. Puoi sapere qualcosa di più?
Giorgio Rosental

Le sole notizie che ho avuto sono quelle delle pagine locali dei giornali nazionali. E sono disorientato perché ci viene detto che alcuni, anche nella Comunità ebraica di Roma, sarebbero contenti della nuova decisione (non costruire un museo, ma adattare un edificio disponibile nella zona dell’Eur) perché almeno si arriverà ad avere a Roma un Museo Nazionale della Shoah, in tempo per ricordare il settantesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz e della rivelazione al mondo dell’esistenza di quel campo e del suo orrore. Per fortuna il quotidiano online Pagine Ebraiche 24 dice di più e ascolta voci importanti della Comunità, come quella del presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman, che ha detto: “Impossibile combattere con i mulini a vento”, riferendosi, penso, alla burocrazia comunale e/o partitica di Roma. Restano alcune cose che – come molti – non capisco e che, evidentemente, non sono mai state spiegate all’autore del progetto Luca Zevi e ai gruppi di architetti e imprese che si sono preparati alla gara, a partire da un anno prima (dunque del tutto in tempo) come ci dice nella sua lettera l’arch. Giorgio Rosental. Il Fatto Quotidiano (Alessandro Ferrucci) ne ha parlato accuratamente, ma senza poter toccare il fondo, perché evidentemente il Sindaco non è disponibile. Dunque ci sono domande senza risposta. Eccole:
1) Si preferisce, ci dicono, un edificio disponibile subito, per avere la certezza di celebrare in tempo (27 gennaio 2015) l’anniversario di Auschwitz, che è anche la data del Giorno della Memoria. E evidentemente impossibile. In poco più di tre mesi nessun museo, neppure se fosse di cartoline d’epoca, potrebbe essere pronto. Dunque la scadenza non può essere la ragione.
2) Si viene a sapere che l’edificio, a cui adesso si pensa, è all’Eur, quartiere voluto come celebrazione dell’era fascista. E un edificio costruito fra il 1938 e il 1942, dunque esattamente nei tempi della promulgazione e attuazione della prima fase (espulsione degli ebrei da tutto) delle leggi “per la difesa della razza”. Ovvio che si tratta di una soluzione inopportuna e stridente.
3) Il progetto di Luca Zevi era stato fatto per un terreno (già acquistato, già proprietà della città di Roma) intorno a Villa Torlonia, che era stata la residenza di Mussolini. Era dunque una scelta simbolica di grande importanza (le leggi razziste dette “in difesa della razza” sono state votate all’unanimità a Montecitorio al grido di “viva il duce”) tutt’altro che trascurabile, anche per i visitatori stranieri. Tutti i fondi necessari alla realizzazione dell’opera sono già stati approvati e vincolati dalla precedente amministrazione comunale. È inevitabile riconoscere che, su questa materia, tutto ciò che ha fatto la giunta Alemanno risulta tempestivo e puntuale, senza confronti con quanto sta accadendo adesso.
4) Non capisco perché si debba accettare, con sottomessa cortesia verso il Comune, la finzione della data come buona ragione per buttar via la validità architettonica, ma anche la firma e il senso storico del progetto e del nome di Luca Zevi. Ma anche il senso che questo edificio (e non una casa ex fascista in affitto) avrebbe per la città di Roma. Possibile che non ci sia qualcuno, nella giunta di Marino o nel Consiglio comunale della città di Roma, che capisca e dica queste cose, e voglia cancellare questo errore?

Furio Colombo

(Il Fatto Quotidiano, 6 setttembre 2014)