Da Milano a Roma, cultura ebraica protagonista

rassegnaSpettacoli, incontri, grandi ospiti, e decine di appuntamenti. Nei prossimi giorni la tradizione ebraica sarà assoluta protagonista dell’agenda culturale nazionale, con l’intrecciarsi della Giornata Europea della Cultura Ebraica (domenica 14 settembre), il Festival Jewish and the City di Milano (13-16 settembre) e il Festival internazionale di cultura ebraica di Roma (13-17 settembre). Questi ultimi sono stati presentati ieri al pubblico: la seconda edizione della rassegna milanese sarà dedicata a Pesach e al tema della libertà con rav Roberto Della Rocca – direttore scientifico del Festival – a chiarire, come riporta il Corriere, che libertà nell’ebraismo “non significa affrancamento dalla schiavitù ma liberarsi dalle false ideologie, affrancarsi dai luoghi comuni, dai pregiudizi”; la famiglia è invece il tema attorno a cui gravita la cinque giorni romana, curata da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelman. A inaugurare il Festival di Roma (aperto con l’auspicio del presidente della Comunità ebraica della Capitale Riccardo Pacifici di vedere coinvolto nella prossima edizione anche il mondo islamico), la “Notte della Cabbalà, dalle 21 alle 2 del mattino, tra degustazioni, danze, musica e incontri con la possibilità di visitare il Tempio maggiore e il Museo ebraico dalle 22 all’1” (Repubblica) e tra gli appuntamenti più attesi – oltre al Pulitzer Elizabeth Strout -, il dialogo tra rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, e il giornalista Antonio Monda in saranno affrontati temi di estrema attualità come la “fecondazione eterologa e l’adozione da parte delle coppie dello stesso sesso” (Corriere). A Roma come a Milano, inoltre, approderà la musica israeliana: nella Capitale sarà Idan Raichel a presentare in anteprima italiana il suo nuovo progetto musicale (Messaggero) mentre a Milano, invitata dalla Comunità (Repubblica e Il Giorno) arriverà Noa, ospite del confronto sulle donne di domenica al Teatro Perenti.

Una sede provvisoria all’Eur, in attesa che il progetto di Villa Torlonia sia completato. Questa l’opzione di cui parlano i dorsi romani del Corriere della Sera e di Repubblica in merito alla realizzazione del Museo della Shoah di Roma. Mentre il Comune, sindaco Marino in testa, fa le sue valutazioni anche rispetto a un possibile danno erariale in caso di abbandono del progetto di Villa Torlonia (l’Avvocatura dello Stato avrebbe consigliato molta cautela), la Comunità ebraica della Capitale si riunirà questo giovedì “a porte aperte, e dopo il dibattito — al quale parteciperà anche il progettista Luca Zevi — voterà la linea, l’indirizzo, per il presidente della Fondazione (del Museo della Shoah)”, scrive il Corriere che poi riporta le parole del presidente della Cer Riccardo Pacifici: “Io farò quello che chiederanno i nostri sopravvissuti, al di là di quello che vogliono dirci le regole della burocrazia, l’opportunità politica, il rispetto certamente anche del lavoro fatto da tanti”. Alcuni iscritti hanno intanto lanciato la petizione “Firmiamo l’appello dei nostri nonni” a sostegno dell’ipotesi Eur. La petizione è apparsa “in bar, negozi, macellerie, locali del ghetto (ma anche di Prati, Marconi e Nomentano)”, scrive Gabriele Isman su Repubblica. Si riporta anche l’intervento di Luca Zevi: “Io rispetto la posizione dei sopravvissuti – afferma – per questo credo sia giusto indicare una sede provvisoria per il museo da utilizzare finché non verrà ultimata quella definitiva, a Villa Torlonia”.

Far nascere nel Sinai lo stato palestinese. Sarebbe questo il piano del presidente egiziano Al Sisi, ricostruito oggi su La Stampa da Maurizio Molinari. “L’Egitto ci ha proposto una parte del Sinai per realizzare lo Stato di Palestina ma ho rifiutato perché è illogico che siano loro a risolvere il problema che abbiamo con Israele”, la risposta negativa del presidente palestinese Abu Mazen all’offerta egiziana. E sulla questione tra israeliani e palestinesi interviene lo scrittore Abraham B. Yehoshua. Sempre dalle pagine del quotidiano torinese, Yehoshua nutre speranze per una possibile convivenza con i vicini palestinesi. Speranza che “si basa sul fatto che in questa guerra Israele, malgrado la sua grande supremazia militare, non ha ottenuto una vittoria inequivocabile” e, secondo Yehosua, “le guerre che si concludono senza una netta vittoria” possono rappresentare “un presupposto per un nuovo ordine di cose, non violento”. Inoltre lo scrittore confida sul senso di responsabilità dimostrato da Israele che, nonostante la pioggia di razzi sparati da Hamas nel corso del conflitto, ha continuato a rifornire Gaza con aiuti umanitari e sul severo atteggiamento egiziano nei confronti del movimento terroristico della Striscia.

Dal 14 al 16 settembre si riunirà a Berlino il Congresso mondiale ebraico. “L’appuntamento del World Jewish Congress a Berlino — ha spiegato il presidente Ronald Steven Lauder — avviene in un momento importante. Dopo aver assistito nelle ultime otto settimane in Europa agli episodi di ostilità contro gli ebrei, in seguito all’azione di Israele nella Striscia di Gaza, ci poniamo una domanda fondamentale: che cosa deve essere fatto per garantire che la prossima generazione di ebrei abbia un futuro in Europa?”. A riportare le parole di Lauder, l’Osservatore Romano che oggi pubblica anche uno stralcio dell’intervento del rabbino conservative Abraham Skorka all’incontro «Peace is the future» organizzato ad Anversa dalla Comunità di Sant’Egidio.

Orrore in Burundi dove tre suore italiane sono state violentate e uccise (Repubblica). Ancora da chiarire il movente ma sembra escluso quello religioso. In Medio Oriente invece, l’Arabia Saudita guarda con preoccupazione all’avanzata delle milizie dello Stato Islamico e, “dopo aver finanziato i gruppi estremisti” (Corriere), alza “quasi 900 chilometri di barriere, posti di controllo e torri hi-tech per proteggersi da infiltrazioni jihadiste dal Nord” (La Stampa).

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked

(9 settembre 2014)