Museo della Shoah, si farà a Villa Torlonia

rassegnaIl museo della Shoah si farà e si farà a Villa Torlonia. L’ipotesi circolata negli scorsi giorni di una sede da ricavare in alcuni spazi commerciali siti all’Eur non ha trovato alcuno spazio nel programma illustrato dal sindaco di Roma Marino, che prevede una posa della prima pietra il prossimo 27 gennaio proprio nella prestigiosa area dove era collocato il progetto originario. Ma altre importanti novità sono state annunciate dal Primo cittadino della Capitale, fra cui l’apertura immediata proprio nella zona del quartiere ebraico e in un edificio di altissimo valore storico e architettonico di una sede provvisoria per il museo.

Impegno per portare avanti il progetto di Villa Torlonia, posa simbolica della prima pietra per il 27 gennaio, sede provvisoria nella Casina dei Vallati in un edificio di proprietà del Comune a disposizione da Roma Capitale. Sono questi infatti gli orientamenti annunciati in occasione del Consiglio della Fondazione del Museo della Shoah svoltosi ieri in Campidoglio. “Abbiamo il dovere di decidere tenendo conto dei vincoli giuridici e quindi di aprire le buste del bando di gara per la realizzazione del museo, come sottolineato anche dal presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick”. “Come sindaco, sento il dovere morale di realizzare il Museo della Shoah”, afferma in una nota il sindaco Ignazio Marino. Nel documento si sottolinea inoltre come, nel corso della discussione, sia emersa “una evidente diversità di opinioni tra i rappresentanti della comunità ebraica”. Pertanto, conclude Marino, “pur confermando la mia ferma volontà di realizzare il museo di Villa Torlonia, ho deciso di accogliere la richiesta di un’ultima pausa di riflessione di alcuni giorni”.
Soddisfazione per le indicazioni arrivate dal sindaco è stata espressa dal presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna: “In questo modo – afferma il Presidente dell’Unione – si soddisfa la richiesta di rapidità posta dalla base della comunità e dai sopravvissuti”. Relativamente alla destinazione provvisoria della Casina dei Vallati Gattegna ha poi spiegato: “Si tratta di una sede provvisoria in attesa di quella di Villa Torlonia. L’edificio è di circa 800 metri quadri e attualmente ospita uffici dell’amministrazione ma è sottoutilizzato e immediatamente disponibile. Sarà un luogo di documentazione e studio” (Laura Larcan, Messaggero).
Sul Corriere Roma Alessandro Capponi scrive: “La ‘frattura’ è stata evitata, ma di un soffio e non ancora definitivamente: perché la posizione del presidente della Comunità ebraica, Riccardo Pacifici, è stata inequivocabile e riassumibile in poche parole, ‘no al museo a Villa Torlonia’. Senza l’unanimità, per questo non ci sono una votazione e l’ufficialità della decisione, alla fine di una riunione tesa, snervante, nella quale sono stati molti i momenti di tensione, è in qualche modo emersa la ‘soluzione’ proposta dal sindaco Ignazio Marino”. Alla vigilia del Consiglio, qualora si fosse deciso di proseguire con Villa Torlonia, Pacifici aveva annunciato l’intenzione di fare un passo indietro. Decisione momentaneamente rientrata. Il fatto è così raccontato con una certa ironia da Capponi: “A Pacifici, che anche prima dell’incontro aveva manifestato la volontà di dimettersi se il progetto di Luca Zevi fosse stato confermato, alla fine il risultato pare andare bene: ‘La riunione è andata alla grande’. Insomma…”.

“Truffa milionaria al sistema sanitario”. Per indagare su queste ipotesi di reato si sono intanto svolte ieri perquisizioni e sequestri a Roma presso l’Ospedale Israelitico, gli uffici della Regione Lazio, in due Asl e in tre ambulatori della capitale. Le operazioni rappresentano lo sviluppo di un’inchiesta sull’Israelitico che vede coinvolto anche l’ex presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, in qualità di direttore generale dell’ospedale. La notizia è riportata con grande evidenza su tutti i quotidiani, nelle pagine nazionali e in quelle romane.
Il Corriere della Sera riporta i nomi degli altri indagati: Tiziana D’Agostini, Mirella Urso, Daria Roscani, Antonio Cannistrà, Batla Popel, Stefano Burini, Domenico Gallà, Stefano Zuccaro e il primario ortopedico Elvira Di Cave. Scrive Ilaria Sacchettoni: “Per raddrizzare l’alluce valgo di un inconsapevole paziente, i vertici dell’ospedale israelitico si sarebbero fatti liquidare dal servizio sanitario 4 mila 629 curo anziché i 2 mila 759 effettivamente previsti. Allo stesso modo, modificando il codice di prestazione di una biopsia, avrebbero ottenuto 1.459 euro di rimborso invece dei 238 solitamente previsti. Una biopsia mammaria, infine, sarebbe costata alle casse del Lazio 1.331 euro anziché i 151 normalmente spettanti. Dal secondo capitolo sui rimborsi gonfiati all’ospedale israelitico, guidato da Antonio Mastrapasqua, affiora l’ipotesi di una truffa ben più consistente dell’altra (Odontoiatria) che, a gennaio, aveva portato a polemiche sulla molteplicità di incarichi del manager e alle sue dimissioni dall’Inps. Le prime stime parlano di 17 milioni di euro drenati dalle (disastrate) casse regionali”.
“Secondo gli investigatori – si legge su Repubblica – da anni all’Israelitico vige un ‘metodo’ che, se confermato, spiegherebbe anche di che pasta sia fatto il ‘miracoloso’ risanamento dei conti avvenuto sotto la gestione Mastrapasqua. Una prassi consolidata in base alla quale ‘la documentazione girata alla Regione per il rimborso era alterata”. Tutti gli interventi alle dita dei piedi negli ultimi due anni, si legge ancora, sarebbero infatti sovraffatturati: come l’alluce valgo curato in day hospital e remunerato con 2.759 euro, “che veniva fatto passare sistematicamente come operazione complessa con due giorni di ricovero, a 4.629 euro”.
Mastrapasqua si difende attraverso il suo legale, Domenico Aiello, che non nega i fatti, ma cerca di scaricarne la responsabilità sui sanitari: “I fatti per cui oggi il dottor Mastrapasqua ha ricevuto un avviso di garanzia, insieme con altre persone a vario titolo dipendenti dell’ ospedale, non afferiscono alle sue mansioni di direttore generale, ma rientrano tipicamente nelle responsabilità e nelle competenze del comparto sanitario”.
“Tra il 2006 e il 2009 – spiega Grazia Longo sulla Stampa – la richiesta di rimborsi alla Regione Lazio per interventi taroccati da parte dell’Ospedale Israelitico riguardava la stragrande maggioranza dei casi: il 94% delle migliaia di cartelle cliniche esaminate. La Regione Lazio governata da Nicola Zingaretti perciò sospese il pagamento di 15,5 milioni di euro di fatture alla struttura e congelò i due protocolli d’intesa che la vecchia amministrazione aveva stipulato con la struttura nel 2011 e nel 2012”.
‘Israelitico, la grande truffa. E una voce amica avvertiva: Arrivano gli ispettori Asl’, titola Repubblica Roma. Stando all’inchiesta, infatti, prima dei controlli tutti i reparti venivano messi in ordine per simulare un’apparente regolarità delle prestazioni. “Quando arrivavano gli ispettori dell’Asl – si legge – all’Ospedale Israelitico andava sempre tutto bene. Reparti in ordine e medici al lavoro per quelle prestazioni che venivano finanziate con i soldi pubblici. E la firma per ottenere la conferma dell’autorizzazione a svolgere determinati interventi, assolutamente necessaria per l’accreditamento al sistema sanitario nazionale, era una pura formalità. Peccato però che era tutto falso: prima dell’arrivo dei controllori andava in scena il teatrino e l’ospedale diventava funzionale alle richieste che gli prescrivevano”.
Il Messaggero raccoglie alcune impressioni da pazienti e personale. Scrive Raffaella Troili: “Non è un giorno come gli altri nell’Ospedale Israelitico. Mastrapasqua si aggira per i corridoi e più di un paziente lo riconosce e si meraviglia. Aleggia, va e viene, qualcuno lo guarda brutto. Passa veloce come gli uomini della Finanza, che portano via faldoni e scatole dalla stanza della direzione”. Nella sede del poliambulatorio all’Isola Tiberina (l’altra è alla Magliana) sono intanto spariti i depliant con la foto del direttore generale, in bella mostra all’entrata fino a poco tempo fa. “Sono finiti. Il fatto è che qui ci sono professionisti bravi, i ladri sono in amministrazione”, afferma un’addetta a smistare le visite. “Questo è un paese di ladri”, commenta una paziente. Preoccupazione per il futuro è espressa da un professionista: “Siamo 200 medici e siamo appesi a un filo, la Regione ha bloccato le convenzioni, ora siamo terrorizzati, sappiamo solo quel che dicono i giornali”.

“Isis e Hamas sono rami dello stesso albero velenoso, l’Islam militante”. Con queste parole il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto ieri alle Nazioni Unite nella cronaca che è a firma di Maurizio Molinari per La Stampa. Sia Abu Bakr al-Baghdadi a capo dell’Isis che Hamas guidato Khaled Mashaal hanno una “simile ambizione di dominio globale”, ha spiegato Netanyahu. Che poi continua, riferendosi duramente all’estremismo islamico: “Come negli Anni 30 c’era una razza padrona che voleva dominare il mondo, ora c’è una fede che vuole essere padrona”. Ma le minacce contro Israele non sono finite, lancia un monito a guardarsi alle spalle: l’Iran continua ad essere il pericolo più grande. In risposta infine all’accusa di aver commesso crimini di guerra durante l’Operazione Margine Protettivo, il premier mostra all’ONU le foto di un reporter francese che ritraggono i militanti di Hamas mentre utilizzano i bambini come scudi umani: “Israele ha usato i propri missili per difendere i suoi figli mentre Hamas ha usato i propri figli per proteggere i suoi missili”.

Il Vaticano diventa uno dei paesi (il 31esimo) che sostiene la Fondazione Auschwitz-Birkenau: Papa Bergoglio ha devoluto infatti 100.000 euro. “Un segnale importante perché riconosce il ruolo fondamentale della memoria per l’uomo contemporaneo”, queste le parole del direttore del Museo Piotr M.A. Cywinskiil riportate oggi su il Giornale. Una somma non altissima ma che simboleggia con chiarezza l’appoggio alla Fondazione, ha spiegato il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, nella lettera che accompagna la donazione.

Giulio Meotti ricorda Vittorio Dan Segre sul Foglio in un ampio articolo nel quale scrive: “La sua ultima uscita pubblica è stata su Moked. Il portale dell’ebraismo italiano”. Meotti racconta la rocambolesca vita di Segre, “l’uomo che morì due volte”: durante la Seconda Guerra Mondiale andò in Palestina e prese il nome di Dan Avni. Tornato in Italia con la moglie Rosetta però Dan Avni dovette ritornare Vittorio Segre, solo così avrebbe potuto prendere possesso dei propri beni presso Govone. Meotti delinea quindi una delle personalità più importanti dell’ebraismo italiano: “Fu un uomo di paradossi, un grande israeliano e un grande intellettuale della Diaspora (dove è sepolto), uno che si mosse con disinvoltura fra gli aranceti dei kibbutz e i salotti parigini, le corti dei re africani e le migliori università del mondo, come il Mit di Boston e l’Università di Stanford, fino alle pagine dei quotidiani italiani (lasciò il Corriere della Sera per seguire Indro Montanelli nell’avventura del Giornale)”.

Ad aspirare al Premio Sakharov, il riconoscimento del Parlamento europeo per i difensori della libertà di pensiero, potrebbe essere l’ambiguo blogger egiziano Alaa Abd El-Fattah, che negli ultimi tempi si è distino per le sue violente frasi anti- israeliane. A candidarlo la lista di Tsipras. Sul Giornale compaiono alcune delle dichiarazioni choc di El Fattah: “C’è un numero critico di israeliani che dobbiamo uccidere e il problema è risolto” ma anche “I sionisti sono tutti stupidi e razzisti Per questo ora Israele deve sparire”.

Presentato ieri al Palazzo Marini di Roma, un incontro organizzato da Centro internazionale di studi giudaici, in collaborazione con la Comunità ebraica di Roma, “Il Kaddish a Ferramonti, le anime ritrovate” (Prometeo), il nuovo volume a firma di Enrico Tromba, Stefano Nicola Sinicropi e Antonio Sorrenti. Un’opera che attraverso una ricca documentazione ricostruisce la storia del Campo di internamento di Ferramonti di Tarsia. Presenti, come riporta l’edizione romana del Corriere della Sera, anche il rabbino capo Riccardo Di Segni, Massimo Bray, già ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e Ivan Basana, presidente di Evangelici d’Italia per Israele.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(30 settembre 2014)