Le nuove strategie del terrorismo palestinese

rassegnaLa cronaca di una nuova giornata di terrorismo palestinese a Gerusalemme (e poi nel Gush Etzion) è oggi, in evidenza, sulle principali testate italiane. “Nella città la tensione è altissima, basta uno stridio di gomme per seminare il panico sui marciapiedi. Ma questi attacchi sono difficili da prevenire, per la totale imprevedibilità e per il fatto che non si può considerare ogni palestinese alla guida di un auto come un potenziale killer” scrive Fabio Scuto su Repubblica.
Incomprensibile la scelta del Corriere che – per introdurre gli ultimi accadimenti – apre tracciando un infelice ritratto del rabbino Yehuda Glick, gravemente ferito alcuni giorni fa da un terrorista e oggi in una corsia di ospedale in lotta per la sopravvivenza. Questo l’incipit dell’articolo di Davide Frattini: “Yehuda Glick si è presentato al matrimonio con in tasca il dono più prezioso per lui e per i festeggiati: la terra raccolta sul Monte del Tempio. La sposa era Tzipi Hotovely, viceministro e giovane deputata del Likud, che condivide con Glick un paio di convinzioni incendiarie quanto la barba e i capelli rossi del rabbino: gli ebrei devono tonare a pregare tra le moschee sulla Spianata (i musulmani la considerano il terzo luogo più sacro), i palestinesi non avranno mai uno Stato”. Un proflio che non rende giustizia all’impegno di rav Glick nel dialogo interreligioso affermato con forza in un video, ormai virale sul web, in cui lo stesso si accompagna (benvoluto dai suoi vicini) alla preghiera di alcuni fedeli musulmani sul Monte del Tempio.
Intervistato dal Foglio, l’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon attacca intanto il leader dell’Anp Abu Mazen: “Negli ultimi cinque anni si è rifiutato di parlare con Israele direttamente, e ha preferito rivolgersi alla comunità internazionale per cercare il riconoscimento del suo Stato, anche se solo Israele può dare uno Stato ai palestinesi”.
Da segnalare anche un dossier prodotto da Amnesty International in cui si accusa l’esercito israeliano di aver compiuto “crimini di guerra” nel corso dell’ultimo conflitto a Gaza. Il rapporto è stato immediatamente contestato dal governo di Gerusalemme per non aver dedicato un capitolo ai tunnel costruiti da Hamas “per infiltrarsi in Israele e compiere attentati”. Ignorando la natura del nemico fronteggiato, si legge sul Corriere, “il rapporto non contribuisce ad alimentare una discussione importante per risolvere il conflitto”.
Sempre il Corriere annuncia intanto una grande intervista allo scrittore israeliano David Grossman, cui è dedicata la copertina del settimanale Sette in edicola domani. Nell’anticipazione si spiega inoltre che sarà proprio Grossman – il 13 novembre al teatro Dal Verme di Milano – ad aprire l’edizione 2014 del festival letterario BookCity.
“I nuovi martiri”. È il titolo di un’inchiesta, a firma del vaticanista di Repubblica Marco Ansaldo, in cui si racconta il dramma delle popolazioni cristiane perseguitate in 81 paesi. Scrive Ansaldo: “Shama e Shehzad accusati di blasfemia, e bruciati vivi a Lahore. James decapitato a Raccah, benché convertitosi in ultimo all’Islam. Don Andrea ucciso alle spalle, mentre inginocchiato pregava sul banco in fondo alla Chiesa di Santa Maria, a Trebisonda, predicando il Vangelo a non più di un pugno di persone, nel lontano Mar Nero. Se oggi tutti loro, e tanti altri senza nome, dormono su una virtuale Collina dei martiri, fanno parte di un gruppo nient’affatto esiguo di persone trucidate per la loro fede, e destinato purtroppo a crescere. Sono i nuovi martiri cristiani”.
Sempre Repubblica pubblica oggi un testo inedito di Giorgio Bassani in cui lo scrittore ferrarese racconta il “suo” otto settembre 1943, vissuto a Firenze accanto ad Eugenio Montale. La testimonianza, in cui si percepiscono tutti i timori per un prossima invasione dei tedeschi, è pubblicata nel volume “Racconti, diari, cronache (1935-1956) di Giorgio Bassani” (ed. Feltrinelli).
“A scandire il tempo del narrare i cortei del 25 aprile, i morti del governo Tambroni, la strage di piazza Fontana, il Sessantotto, un ebraismo a volte rivendicato ma quasi si trattasse di una struttura del ragionare, di un modo di essere intellettuale, o di un tributo alla Shoah, mai una vera identità”. Così Stefano Jesurum nel recensire – sul Corriere – il libro di Enrico Finzi “La vita è piena di trucchi” (ed. Bompiani).

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(6 novembre 2014)