Oscar 2015 – Aya, equivoci al volante

ayaIsraele approda agli Oscar, anche se alla fine “Ghett” di Ronit e Shlomo Elkabetz non ce l’ha fatta a spuntare la nomination per il miglior film straniero. Le candidature premiano però un altro lavoro israeliano, “Aya”, cortometraggio diretto da Oded Binnun e Mihal Brezis che correrà per l’Academy Award per la categoria Best Live-Action Short Film. Escluso invece il corto “Summer Vacation”, diretto da Sharon Maimon e Tal Granit, sceneggiatrici e registe di “Mita Tova – The Farewell Party”, agra commedia presentata con successo lo scorso anno al Festival di Venezia.
Malgrado la sconfitta di “Ghett” – che in ogni caso i pronostici dei giorni scorsi non davano tra i favoriti – il tema ebraico risuona forte e chiaro in questi Oscar. Tra i nominati come miglior film si segnala “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson, ispirato in modo esplicito all’opera di Stefan Zweig, ebreo, autore della bella autobiografia Ricordi di un europeo, in esilio e poi suicida dopo l’avvento del nazismo. Anderson ottiene anche una nomination per la regia, insieme a Bennett Miller, regista ebreo-americano direttore di “Foxcatcher”.
Candidato come miglior film straniero è infine il bellissimo “Ida”, in cui il regista polacco Pawel Pawlikoswki dipana il dramma di una giovane donna che mentre si accinge a prendere i voti, scopre che i suoi genitori erano ebrei e sono morti durante l’occupazione nazista.
“Aya”, scritto da Binnun e Brezis insieme Tom Shoval, una delle voci più interessanti del nuovo cinema israeliano, racconta la storia di una giovane donna (Sarah Adler) che d’impulso accoglie all’aeroporto un professore di musica (Ulrich Thomsen) e lo accompagna in macchina, fingendo di essere il suo autista. Sarah Adler lavora in Francia oltre che in Israele ed è già apparsa in “Notre musique” di Jean-Luc Godard mentre Thomnsen, impegnato in “Banshee”, serie di successo su HBO.

Daniela Gross

(16 gennaio 2015)