Fuga dalla libertà

Francesco Moisés BassanoNon è facile trovare, almeno personalmente, un’affinità intellettuale o un sim-pathos con Michel Houllebecq e con la sua Weltanschauung, espressa ancora una volta nel suo ultimo romanzo, oltremisura discusso, Soumission (Bompiani, 2015).
Ma al contrario di molti pensatori e giornalisti che si sono espressi nelle ultime settimane sui maggiori quotidiani, trovo altresì scorretto ‘eleggere’ Houellebecq, pur considerando la sua marcata idiosincrasia verso il mondo islamico, a poeta vate del neoconservatorismo islamofobico.
Scorgo in Houellebecq, soprattutto, l’intento provocatorio dell’anarchico (di destra), del bastian contrario, di chi come forse Lars Von Trier e molti altri autori contemporanei, tramite il richiamo nelle proprie opere a temi delicati e controversi, ha come scopo quello di spingere il suo fruitore alla riflessione e ad una postura critica del mondo in cui vive, senza obbligarlo necessariamente alla piena accettazione del proprio punto di vista. Seppur, poi paradossalmente, almeno come testimoniano i suoi personaggi calcati in gran parte su un proprio alter-ego, sembra che nonostante la sua disanima del declino dell’occidente e dei suoi valori morali – dominati da liberalismo economico, consumismo, alienazione ed individualismo, sesso come mercimonio e fluidità dei rapporti umani – egli al tempo stesso si trovi al suo interno perfettamente in sintonia e a suo agio e anzi vi scopra una vera e propria raison d’être.
In Soumission, come ormai è noto a molti, viene raccontata con l’apatia di un infelice studioso di J. K. Huysmans. la vittoria di un partito islamista ‘moderato’ alle elezioni presidenziali francesi del 2022, e la successiva trasformazione del paese in un regime arabo-islamico.
Con le sue inevitabili conseguenze, come la permissione della poligamia, l’uscita delle donne dal mondo del lavoro o l’islamizzazione dell’istruzione pubblica, che si realizzano nella completa accettazione ed indifferenza dei francesi, i quali anzi riusciranno a trovarvi persino qualche vantaggio personale ed utilitaristico specie per quanto concerne l’inversione di rotta dell’emancipazione femminile. O altrimenti, in forma romantica, l’Islam viene accolto proprio come salvezza, come una “fuga dalla libertà” e ritorno alle radici religiose dell’occidente, in opposizione ad una civiltà cristiana ormai debole e agonizzante, distante dall’individuo e dai suoi bisogni. Il tutto è bene ricordarlo, avrebbe luogo nella laicissima Francia, erede della rivoluzione, dei philosophes, e della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen.
Un romanzo in ogni caso, non è né un saggio politico, e né tanto meno un libro profetico, ed al di là dell’improbabile scenario tratteggiato di una Francia suicida completamente sottomessa all’Islam, e dell’eventuale giudizio letterario – per questo rimanderei alla più lucida riflessione di Marc Weitzmann su Tabletmag– Soumission, tra le varie fantasie ed inesattezze, porta con sé anche qualche verità che si possono riscontrare nel vago accenno che l’autore farà nel libro riguardo al rapporto o meglio al disinteresse della nuova distopica Francia nei confronti dell’esodo degli ebrei transalpini e all’interruzione dei rapporti con Israele. Un tema meglio affrontato recentemente anche dal Rabbino Capo Giuseppe Laras, quando scrive sul Corriere della “tentazione [europea] di abbandonare gli ebrei e lo Stato di Israele per facilitare una pace politica, culturale e religiosa con l’Islàm politico”. Qualcosa starà cambiando certo, ma non c’è bisogno di scomodare la fantapolitica per constatare che una direzione analoga, filoaraba e ipercritica nei confronti del sionismo, è stata in definitiva già intrapresa dalle linee politiche di molti governi europei e dai suoi principali partiti dal secondo dopoguerra fino ad oggi. Ciò è ben evidente in Italia, con il silenzio che per anni ha predominato nella politica, sulla stampa e nell’opinione pubblica, intorno all’attentato alla Sinagoga di Roma del 1982, rotto definitivamente soltanto la settimana scorsa con il messaggio al Parlamento del neopresidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Francesco Moises Bassano

(13 febbraio 2015)