Le ragioni dell’Aliyah

tobia zeviPer osservare bene qualcosa, occorre prendersi la giusta distanza. Così sabato mattina mi sono svegliato di buon ora e mi sono incamminato fino a Ben Yehuda, direzione Tempio italiano di Tel Aviv. Un grande seminterrato sotto un’altra sinagoga, tutto sommato uno spazio gradevole. Un’occasione per incontrare molti vecchi amici, gente con cui si è cresciuti insieme, bene o male che sia.
L’idea era elementare. Farsi un’idea più vera di ciò che pensano gli ebrei italiani emigrati in Israele. Lo fanno per paura? Per povertà? Che altro? Il colpo d’occhio è obiettivamente sconvolgente: la piramide demografica è rovesciata. In qualsiasi parte del mondo la popolazione di una sinagoga è composta in maggioranza da anziani e assai meno da giovani e giovanissimi, bambini a parte. Qui accade il contrario: le persone tra i 20 e i 40 sono la stragrande maggioranza, gli anziani sono pochi, spesso in trasferta per visitare figli e nipoti. Tasso di natalità altissimo e precoce rispetto all’Italia.
Azzardo una valutazione personale. Nemmeno uno tra i presenti ha lasciato l’Italia per paura dell’antisemitismo. Nemmeno uno. Chi lo ha fatto, ha privilegiato un ideale (sionistico/ebraico), un progetto lavorativo o personale, al massimo ha valutato le agevolazioni che il Welfare israeliano concede agli Olim. Non contano le grate di protezione sui cancelli delle scuole ebraiche a Roma o Milano, cui purtroppo siamo abituati. Il mercato del lavoro qui è dinamico, competitivo, vivace, e questo alletta giovani ebrei italiani in cerca di opportunità.
La prospettiva che gli ebrei lascino l’Italia o l’Europa, dunque, deve spaventare in due sensi: se davvero lo faranno per paura di essere attaccati, le nostre democrazie avranno perso l’anima; se lo faranno per ragioni economiche, vorrà dire che il futuro non riserva a nessun europeo prosperità e giustizia sociale. Gli ebrei europei vogliono rimanere nei loro paesi, nei nostri paesi, nelle nostre città. Il che non ci impedisce, ogni volta che scendiamo la rampa dell’aeroporto Ben Gurion, di provare un’emozione speciale.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi

(24 febbraio 2014)