Graham Moore, l’Oscar della differenza

“Stay weird, stay different”. La frase, che riecheggia il celebre “Stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs, dalla notte degli Oscar fa discutere l’America. A pronunciarla, il trentatreenne Graham Moore, vincitore con “The Imitation Game” della statuetta per la migliore sceneggiatura non originale, in quello che è stato definito il discorso più toccante della premiazione. Ma a cosa si riferiva lo scrittore? All’identità gay, visto che il film è dedicato ad Alan Turing, matematico britannico che contribuì a decrittare i codici nazisti e finì suicida dopo essere stato condannato per omosessualità? Alla dolorosa vita da adolescenti geek – occhialuti, patiti di nuove tecnologie e allergici allo sport – come pare essere stato lo stesso Graham? E quanto ha giocato, in quest’affermazione, quella sensazione di alterità che da secoli s’intreccia all’identità ebraica?
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