Israele, la free press non si tocca

israel hayomBocciato il primo tentativo di bloccare la diffusione del quotidiano Israel Hayom durante le elezioni, l’avvocato Shachar Ben Meir ci riprova e si appella all’Alta Corte d’Israele. Ben Meir aveva infatti chiesto alla Commissione centrale per le elezioni di sospendere il giornale freepress in quanto, a suo dire, costituiva palese propaganda a favore del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, candidato premier per il partito Likud alle prossime elezioni (previste per il 17 marzo). La Commissione, presieduta dal giudice Salim Joubran, ha però risposto picche, spiegando come non ci siano i presupposti per un provvedimento così forte come la censura richiesta da Ben Meir. Mancavano infatti le prove di una connessione particolarmente consistente tra Israel Hayom e Netanyahu. Il giornale – di proprietà del magnate americano Sheldon Adelson, amico nonché sostenitore di Netanyahu – non ha mai negato di essere schierato a destra, ha spiegato Joubran, ma questo non è sufficiente a definirlo un depliant di propaganda elettorale, non sulla base del suo modo di coprire le notizie. Una censura nata su queste basi, continua il giudice,avrebbe avuto implicazioni su altri quotidiano con una “carta di identità” legata alla sinistra. “Certo, in un mondo utopico, la stampa sarebbe completamente obiettiva e la copertura delle notizie non sarebbe legata a nessuna agenda (politica). – la chiara posizione di Joubran, attuale presidente della Corte Suprema israeliana nonché secondo arabo israeliano a ricoprire questo incarico dopo Abdel Rahman Zuabi – Tuttavia, nella pratica, una stampa di questo tipo – e certamente per quanto riguarda le questioni politiche al centro del dibattito pubblico – non può esistere nel mondo reale”.

Israele e la guerra della carta stampata

Schermata 2015-02-27 alle 14.15.17Un Bibi strillone consegna gratuitamente copie del giornale Israel Hayom, su cui compare il suo volto a tutta pagina. Nel mentre guarda di traverso il rivale Noni che dalle retrovie, armato di soffiatore, spazza via le pile accatastate di Israel Hayom. Una vignetta, quella di Amos Biederman di Haaretz, che riassume oltre un decennio di scontri tra due degli uomini più influenti di Israele, il primo ministro Benjamin Netanyahu e il magnate della carta stampata, Arnon “Noni” Mozes, proprietario di Yedioth Ahronoth. Un braccio di ferro iniziato negli anni Novanta e acuitosi con il dirompente intervento da oltreoceano di Sheldon Adelson, l’uomo dei casinò, grande sostenitore del Likud e di Netanyahu. Il suo Israel Hayom, fondato nel 2007, ha progressivamente conquistato il mercato della carta stampata israeliana: gratuito ma con una redazione di giornalisti professionisti al suo servizio – cosa inusuale per i giornali free press -, il quotidiano vende a basso prezzo i suoi spazi pubblicitari, sostiene la politica di Netanyahu ed è diventato il giornale più letto dagli israeliani. Il Bibiton – neologismo made in Israel che unisce il soprannome di Netanyahu con la parola ebraica iton, giornale – ha infatti scavalcato Yedioth Ahronoth, a lungo il giornale più diffuso in Israele, conquistando il 39 per cento dei lettori del paese. Da qui il desiderio del Noni Mozes della vignetta – e non solo – di spazzare via il quotidiano rivale. L’ultimo guanto di sfida lo ha però lanciato Netanyahu, deciso a continuare nella sua campagna del noi contro tutti (che poi è la stessa condotta dai suoi avversari per le elezioni di marzo, ovvero “tutti eccetto Bibi”). In quel noi c’è sicuramente Adelson, oltre al Likud, nel “voi” Noni Mozes. Lo ha detto chiaro e tondo lo stesso Bibi dalla sua pagina Facebook: “Il fattore principale dietro all’ondata di calunnie contro di me e mia moglie è Noni Mozes, l’editore di Yedioth Ahronoth e del sito Ynet”, si legge nel post, “sta usando ogni mezzo per rovesciare il governo, chiudere Israel HaYom e riottenere l’egemonia aggressiva che aveva sulla carta stampata”. Il riferimento alla chiusura di Israel Hayom è legato a una legge che vorrebbe vietare la distribuzione gratuita del quotidiano, accusato di concorrenza sleale. La norma ha ricevuto un appoggio bipartisan in dicembre ma la sua approvazione è stata sospesa con lo scioglimento della Knesset. Il prossimo Parlamento sarà chiamato a decidere e si scoprirà se l’ago della bilancia propende verso la coppia Netanyahu- Adelson o verso Mozes.

Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Marzo

Adelson, il re dei casinò

Taglio basso 13 - ritratto AdelsonOttantuno anni, self made man, Sheldon Gary Adelson è il re dei casinò.
Presidente della Las Vegas Sands è al dodicesimo posto nella lista stilata da Forbes dei 400 uomini più ricchi d’America. Segni particolari? Repubblicano fino al midollo, nel 2012 Adelson spese oltre 100 milioni di dollari per tentare di appoggiare la campagna elettorale di Mitt Romney alla Casa Bianca. La storia di Sheldon Adelson è un esempio del sogno americano. Nato a Boston da Sarah e Arthur, due genitori ebrei originari dell’Ucraina, inizia la sua carriera di imprenditore a soli dodici anni, quando prende in prestito duecento dollari dallo zio e compra una licenza per vendere giornali in città. Il resto è leggenda: passa da un business di successo all’altro (da distributori di caramelle a spray) e investe nel paradiso del vizio Las Vegas, acquistando la Sands Hotel&Casino. In parallelo il magnate si è dedicato anima e corpo al sostegno della fazione repubblicana così come alla causa di Israele. Nel 2006 ha donato 26 milioni di dollari al museo della Shoah Yad Vashem, si è poi prodigato per Birthright Israel, l’iniziativa che offre ai ragazzi ebrei mai stati in Israele un viaggio gratuito per scoprire lo Stato ebraico. Nel 2007 Adelson cerca di acquista il giornale israeliano Maariv, ma non ci riesce e decide di fondarne uno proprio: il free press Israel Hayom. In pochi anni scavalca Yedioth Ahronoth e diventa il giornale più letto dagli israeliani, nonché la voce della destra del Likud, tanto che Avigdor Lieberman, ex ministro degli Esteri di Israele, lo definisce la Pravda di Netanyahu.

Mozes, il “Murdoch” d’Oriente
Taglio basso 13 - ritratto MosesCome ogni israeliano che si rispetti, Arnon Mozes ha un diminutivo usato indifferentemente da amici e nemici: Noni. Nato da Noah e Paula Mozes, Yedioth Ahronoth era un affare di famiglia. Il padre lo ha pubblicato e ne è stato manager fino al 1985 quando venne accidentalmente investito da un autobus (destino beffardo: suo figlio Gilad perse la vita in un incidente di macchina). Dopo la morte di Noah è Noni che prende le redini del giornale. Da sempre nell’occhio del ciclone, la vita di Noni è irrimediabilmente legata al giornale di cui è il volto: quando divorziò dalla moglie Michal, i due iniziarono una battaglia legale per Yedioth Ahronoth. Il ‘figlio formato cartaceo’ venne poi affidato in toto a Mozes e per decisione del capo della Corte Suprema Meir Shamgar, Michal rimase senza quote. Schivo e prudente, Arnon Mozes non ama le luci dei riflettori, non risponde ai giornalisti e tanto meno rilascia interviste. Rappresentato come un burattinaio della politica dai rivali di Israel Hayom, di certo non è un sostenitore di Netanyahu. I suoi giornali hanno più volte attaccato il leader del Likud, a volte in modo palesemente pretestuoso, scrive il New York Times. La sua influenza tocca tutti i settori dei mass media israeliani e non solo: possiede quote del canale televisivo Arutz 2, di aziende legate alla distribuzione musicale, tipografie, proprietà immobiliari. Il New Yorker lo definisce il Murdoch di Israele ma l’arrivo del magnate americano Sheldon Adelson, sostenitore di Netanyahu, ne ha scalfito il potere.

Pagine Ebraiche Marzo

(27 febbraio 2015)